Lo stupro perfetto: puttana, negra e clandestina

Testa d'uomo in capelli di donna Edvard Munch, 1896

Testa d’uomo in capelli di donna
Edvard Munch, 1896

Il problema è solo questo, dice Isoke: da dove cominciare a raccontare.

Da Judith, 14 anni appena, che alla sua prima sera di lavoro sui marciapiedi romani della Salaria è stata stuprata e picchiata dal primo cliente, e poi lasciata sull’asfalto più morta che viva? O da Joy, che era incinta, e che ha perso il bambino che aspettava? Da Gladys, a cui un cliente ha distrutto l’ano violentandola tre-quattro volte di fila? O da Rose, stuprata da chissà quanti e in chissà che modo, fino ad avere l’utero perforato; e che, pure, non osava nemmeno mettere piede in un ospedale per curarsi?

Non sono le storie che mancano. Anzi, sono perfino troppe, quaggiù, sugli affollati marciapiedi d’Italia. Gli stupri qui sono roba quotidiana; violenti, se non addirittura atroci; eppure assolutamente invisibili, e dunque assolutamente impuniti:

«Perché le ragazze non denunciano mai. E nemmeno vanno al pronto soccorso, a meno di non essere moribonde», spiega Isoke. E la voce le trema. Le viene da piangere.

Isoke ha 27 anni, è alta, mora, bella. Nigeriana. Di Benin City. È da Benin che provengono, a migliaia, le ragazze buttate dal racket sui marciapiedi italiani, 10-12 ore al giorno di macchine e di clienti, esposte in mutande e tacchi a spillo a ogni genere di violenze e di aggressioni. Lei, trafficata come le altre, è riuscita a uscirne e a salvarsi. Oggi vive ad Aosta, sta per sposare un italiano. E insieme, lei e io, stiamo scrivendo per l’editore Melampo un libro sulla tratta.

Sulla sua esperienza di ieri e sul suo lavoro di oggi: uno, «dare voce a chi non ce l’ha», ossia alle ragazze che ogni sera scendono in strada senza sapere se mai ritorneranno, perché sono «almeno duecento, stando alle cronache dei giornali, quelle che negli ultimi anni sono state accoltellate, strangolate, uccise a furia di botte o di iniezioni di veleno agricolo», senza contare quelle torturate e stuprate e massacrate, ma che in qualche modo sono tornate a casa vive, e dunque non fanno assolutamente notizia; due, «cercare di creare una rete, di trovare insieme un percorso d’uscita, un’alternativa alla strada»; tre, «mettere in piedi una casa-alloggio per le ragazze che non ne possono più».

Aprirà tra poche settimane, ad Aosta. E si chiamerà, ovviamente, la Casa di Isoke. Sottoscrivete. L’indirizzo è rbc_isoke@yahoo.it.

Allora, dice Isoke. Questa storia degli stupri etnici. Le ragazze la vivono tutti i giorni, ogni volta che vanno al lavoro. Ogni sera escono di casa con due pensieri in testa: forse questa è la sera che incontro il cliente che mi aiuta, che magari mi risolve un po’ il problema del debito. Trenta, cinquanta, sessantamila euro. Il costo che le ragazze pagano per arrivare in Italia, con la promessa di un lavoro che le salverà dalla miseria di Benin City. Arrivano qui, dice, e scoprono che il lavoro è poi sempre uno e uno soltanto, il marciapiede. E sul marciapiede succede di tutto; ma voi non lo sapete.

E dunque il secondo pensiero che le ragazze, ogni sera, hanno in testa è questo: speriamo che non mi succeda niente. Ma a una o all’altra qualcosa succede. Sempre. Gli stupri sono la regola. Tutti i giorni, dice Isoke. Tutti i giorni gliene segnalano uno. Stavamo scrivendo la storia di Osas, arrivata a Torino dopo due anni (due anni? «Sì, due anni interi») di viaggio attraverso l’Africa, su su dalla Nigeria fino al deserto del Sahara. In 60 stipati su un camion, senz’acqua né cibo, e quelli che erano di troppo venivano lasciati giù. Così. A morire. Mentre il camion proseguiva verso il nord del Marocco su una pista punteggiata di ossa e di cadaveri freschi.

Arrivata a Torino, Osas è stata buttata sulla strada. Caricata da un cliente. Dove andiamo? ha chiesto lui. «Posto tranquillo» ha detto lei; era una delle poche frasi che le avevano insegnato le compagne di lavoro. Solo che il posto tranquillo di lui era una cascina semidiroccata nell’hinterland torinese, spersa nella nebbia e nel freddo. E arrivati lì lui le ha puntato un coltello alla gola. L’ha violentata, picchiata, rapinata. Lei ha urlato e urlato.

Da un’abitazione vicina una voce ha gridato: «Ma basta, ma finitela. State zitti». E solo dopo che l’uomo se n’è andato qualcuno ha osato mettere il naso fuori. Un ragazzo con un cane. Che vuoi, ha chiesto mentre il cane le ringhiava contro; che cosa è successo. Poi l’ha caricata in macchina e l’ha riportata a Torino. «È stato uno degli uomini più gentili che ho incontrato in Italia» dice Osas adesso.

Bene. Stavamo scrivendo di Osas quando a Isoke è arrivato un messaggio dalle ragazze di Verona. È sparita Prudence. Arrivata una settimana fa dalla Nigeria. Vent’anni. Analfabeta. Non una parola che sia una di italiano. Prudence non tornava a casa da due giorni. A casa aveva lasciato i suoi vestiti e le sue poche cose. Le compagne di strada la stavano cercando dappertutto. Ospedali, questure. Niente. Fino a che è ricomparsa. Irriconoscibile. Sfigurata dalle botte. Quasi non riusciva a camminare.

Che cosa è successo, le ha chiesto Isoke in dialetto ebo. «Mi hanno bucato l’utero, mi hanno bucato l’utero». Prudence riusciva a dire solo questo, ossessivamente. A fatica abbiamo saputo che un cliente l’aveva caricata al suo joint, che è lo spicchio di marciapiede che ogni ragazza ha in dotazione e per cui paga a chi di dovere un affitto mensile che va dai 150 ai 250-300 euro. L’aveva caricata e portata chissà dove. E violentata. E riviolentata. E picchiata. Massacrata. Derubata. Scaricata in un bosco, a chilometri dalla stanzetta che Prudence considerava casa sua.

Prudence è rimasta in quel bosco tutta la notte, tutto il giorno dopo. Senza mangiare né bere. Sconciata. Sanguinante. A fatica s’è poi trascinata fino a un campeggio, c’era gente che faceva vacanza, che l’ha riportata a Verona. Lì è finalmente riuscita a orientarsi. È tornata a casa. «Mi hanno bucato l’utero, mi hanno bucato l’utero». In ospedale non ci è voluta andare, per paura che la polizia la rimandasse a casa. Rimpatrio forzato. Così com’era, in mutande. A marcire in una prigione di Benin City dove le altre detenute ti violentano con una bottiglia, ridendo e dicendo: cosa è meglio, dicci, questa bottiglia o quello che sei andata a goderti in Italia. Di Prudence non abbiamo saputo più niente.

È diffìcile per una donna italiana ascoltare storie del genere. Ascoltare Isoke che dice: ogni africana stuprata è un’italiana salvata. È difficile. È orribile. Ma vero. I nostri uomini, gli italiani. Stupratori a pagamento, li chiamano le ragazze sulla strada. Quelli che perché pagano i 25 euro della tariffa standard si sentono in diritto di esigere qualunque cosa. Cazzo ti lamenti, bastarda. I soldi li hai avuti. Succhia. Girati. Apri il culo. E giù botte. Hanno l’ossessione del culo, gli italiani che vanno a puttane. «Dicono: voglio fare quello che con mia moglie non faccio mai», spiega Isoke. «Scene da film porno. Tutto quello che hanno visto nei film porno e con la moglie non hanno il coraggio o il permesso di fare». Ho pagato, è la frase chiave dello stupratore da 25 euro. E giù botte, se solo dici di no.

Gladys non riesce quasi più a camminare. Un cliente le ha sfondato l’ano. Era «come una bestia» dice, l’ha costretta a subire una, due, tre, quattro violenze, a un certo punto Gladys ha sentito «come un distacco, nel profondo». Da quella lacerazione non è più guarita.

Ospedale? Cure? Denunce? Ha una paura terribile, Gladys. Non ne vuole sapere. Si trascina sul marciapiede a fatica, ogni sera. Ormai zoppica. E non c’è verso di convincerla ad andare da un medico. Dice: «Se la polizia lo viene a sapere mi rimanda a casa». È la regola.

Dice Isoke: «A volte le ragazze ridotte molto male finiscono al pronto soccorso. Ma devono veramente essere ridotte molto, ma molto male. Incoscienti. In coma». Al pronto soccorso non è che le trattino coi guanti. Dovrebbe essere rispettata la privacy, certo. Ma chi mai dice che la legge valga anche per le puttane negre clandestine? A volte infermieri e medici sono cattivi, a volte addirittura strafottenti. Chiamano la polizia. La polizia prende svogliatamente la denuncia; poi ti da il foglio di via. Sei la vittima di uno stupro. Ma sei anche quella che ne paga le conseguenze.

Così le ragazze, appena possono, girano alla larga dalla polizia e dagli ospedali. Tornano a casa più morte che vive. Traumatizzate. Distrutte. La maman dice: ma di cosa ti lamenti, a me è successo tante volte. E il giorno dopo le rimanda sulla strada, coi lividi e i tagli e i segni dei morsi e delle cinghiate e delle bruciature di sigaretta in bella vista. I clienti a volte si impietosiscono, dice Isoke. Ti danno i soldi, dicono: vai a casa e curati. Allora la maman dice: vedi, anche ridotta così sei in grado di guadagnare. Di cosa mai ti lamenti. Sei scema.

Gli stupri di gruppo. Capitano spesso. Tre-quattro per volta, arrivano, ti caricano a forza. Sei fortunata a uscirne viva. A volte gli uomini dicono delle cose, mentre ti stuprano. Cose come: brutta negra. Cazzo vieni a fare qui. Così impari. Startene in mutande a casa tua. Ti faccio vedere io. Schifosa puttana. Chi ti ha mai detto divenire qui. Tornatene nella foresta, insieme alle scimmie.

Si sentono in qualche modo dei giustizieri, dice Isoke. Ce l’hanno con te perché sei donna. E nera. E puttana. E debole. Non so perché ma i più violenti, quelli più grandi e grossi, si scelgono sempre le ragazze più leggere e più fragili. Quelle così magre e sottili che sembrano una foglia di mais.

Se ci provano i ragazzini, 16 anni, 18, bé, dice Isoke, gli molli un pugno da tramortirli e scappi via. I più pericolosi sono quelli dai 25 anni in su. Ottanta-novanta chili. Trent’anni. Quaranta. Quelli che a prima vista non diresti mai che sono stupratori. Che non hanno niente nel vestire che ti allarmi, nulla nell’approccio che ti metta in guardia.

Sono quelli che poi dicono: ho pagato. Che magari hanno l’Aids ma non vogliono usare il preservativo, per sfregio, e poi ti mettono incinta. Che dicono negra di merda, adesso ti sistemo io. Che tirano fuori il coltello o la pistola. Che ti bruciano con le sigarette, ti riempiono di pugni, ti portano via la borsetta, i soldi, il cellulare. Che ti lasciano a decine di chilometri da casa tua, nel buio o nella neve. E queste sono soltanto alcune delle cose che ti posso raccontare.

Solo ascoltare è mostruoso. E ascoltare non finisce mai. Ci sono le mille altre storie della strada, le mille vicine di marciapiede delle ragazze di Benin City: le trans sudamericane, vittima preferita dei nordafricani. Stupro omosessuale, lo chiama pudicamente Isoke. C’è la bambina brasiliana di dieci anni. Ci sono le albanesi violentate coi bastoni e con le bottiglie dai loro magnaccia, per convincerle ad andare sulla strada. C’è un campionario osceno di bestialità maschile, senza filtri e ma e se. E, soprattutto, c’è la paura delle ragazze. Perenne.

Dice Isoke: il primo stupro è diffìcile da superare. Sei distrutta. Qualcosa in te si è rotto per sempre. Però ti consoli dicendoti: mi sono vista morta, eppure sono viva. Al secondo dici: capita. Al terzo dici: è normale. Dal quarto in poi non li conti più. È un rischio del mestiere. Di Prudence, dicevo, non abbiamo saputo più niente. Non è ancora andata in ospedale. Se l’infezione non si aggrava non ci andrà probabilmente mai. La curano le sue compagne di strada e di casa. Una di queste è Eki, che ha avuto finalmente il coraggio di raccontare: è successo anche a me. Mi hanno stuprata e picchiata e torturata con le sigarette accese.

Allora le sue compagne hanno detto: anch’io. Stanno mettendo in comune la paura, lassù a Verona. Stanno cominciando a pensare che forse bisogna trovare il coraggio di sfidare il racket e decidere di smettere. Non che sia facile, dice Isoke. Non lontano da Verona una ragazza che non voleva più saperne del marciapiede, Tessie, è stata costretta dai suoi magnaccia a bere acido muriatico. È finita al pronto soccorso. L’hanno salvata per un pelo. E adesso si ritrova sfigurata e handicappata e quasi muta. Una ragazza africana di villaggio, semplice semplice. Ignorante. Analfabeta. Che diavolo di futuro può trovare in Italia. Ditemelo voi.

Poi ci sono le ragazzine. Tredici anni, quattordici. Vergini. Vendute agli italos dalle famiglie che vedono i vicini che fanno una bella vita grazie alle figlie che lavorano in Italia. Che si comprano il motorino. Il Mercedes coi sedili leopardati che quando passa nei villaggi solleva una gran polvere e tutti i ragazzini gli corrono dietro rapiti. Quando ‘ste ragazzine arrivano in Italia le maman si mettono le mani nei capelli. Che cosa devo fare con te, che non sai niente. Allora pagano tré-quattro ragazzoni africani, grandi bastardi, dice Isoke, che le violentano in tutti i modi finché non hanno capito e imparato quel che si deve fare sulla strada.

Ora. Vorrei potermi risparmiare almeno questa parte della storia, ma non si può. Gli extracomunitari che raccolgono i pomodori, l’uva, le mele. Dodici, quindici ore di lavoro per sette, dieci, dodici euro. Frustrazione e rabbia pura. Vi siete mai chiesti come la sfogano? Sulla Domiziana, dalle parti di Castelvolturno, terra senza dio né legge in provincia di Caserta, le ragazze vivono in catapecchie senz’acqua né luce. Guadagnano 5 o 10 euro a botta. Sono la vittima perfetta dei loro stessi compaesani. Che le schifano, «perché si vendono ai bianchi». E non hanno soldi e non le pagano e le rapinano nella certezza della totale impunità. Si vendicano della vita di merda che fanno. Con loro, le ragazze di Benin City.

Isoke dice: però questo io non lo posso dire. Allora lo dico io. In certe zone la polizia chiude non un occhio ma due, e forse anche tre, avendoli, e pure anche quattro. Va bene che ci siano le ragazze di Benin City: sono uno sfogatoio perfetto, un matematico calmieratore di tensioni sociali ed etniche. Sono la vittima designata, l’agnello sacrificale. Perché ogni africana stuprata è un’italiana salvata. E l’africana stuprata tace. Ha troppa paura per parlare. È perfettamente invisibile e dunque non fa notizia né statistica. Nemmeno di questi tempi, ragazze mie. Pensatele ogni volta che uscite di casa a notte fonda, e soprattutto ogni volta che rientrate. Voi, bianche. Voi, sane e salve.


 

I centri antiviolenza in Italia

Ancona
Casa delle donne – Telefono Rosa Federazione Casa delle Donne via Cialdini, 23 – 60122 Ancona – tel. 071/204680

Ass. Donne e giustizia via Astagno, 23 – tel. 071/205376 – donne.giustizia@libero.it

Casa rifugio «Zefìro» piazza Stamina, 13 – tel. 071/2075383 – casarifugio@lagemma.org

Aosta
Centro donne contro la violenza Federazione Casa delle Donne e/o Consulta Regionale Femminile della Valle d’Aosta viale dei Partigiani, 52 11100 Aosta – tel. 0165/238750 – fax 0165/42242

Arezzo
Associazione contro la violenza e il maltrattamento sulle donne «Pronto Donna» piazza Santa Maria in Gradi, 4 – 52100 Arezzo – tel 0575/355053 prontodonna@interfree.it

Bari
Centro Antiviolenza Aracne via Lombardi, 12 – 70100 Bari – tel. 080/5218389 – aracne@mlx.pandora.it

Bergamo
A.E.D. Femminismo (Associazione Educazione Demografica) passaggio Canonici Later-nensi, 22 – 24121 Bergamo tel. 035/244337-fax 035/235660

Comitato Provinciale contro la violenza sessuale via Martiri di Cefalonia, 6 tel. 035/232600 – fax 035/213230

Belluno
Telefono Donna via Del Cansiglio, 8 -32100 Belluno – tel. O437/ 981577- bellunodonna@libero.it

Bologna
Casa delle donne per non subire violenza – Associazione gruppo di lavoro e di ricerca sulla violenza alle donne via dell’Oro, 3 – 40124 Bologna tel. 051-333173 – fax 05i-3399498- www.casadonne.it

Gruppo Giustizia U.D.I. via Castiglione, 26 – tel. 051/232313 – 236849

S.O.S. Donna via XXI Aprile, 3 – tel. 051/43435

Bolzano
Casa degli alloggi protetti/Verein haus Geschutzen Wohnungen des Katholischen Familie-nerbandes Sudtirols 39100 Bolzano

Associazione GEA per la solidarietà femminile contro la violenza via del Ronco, 17 – tel. 0471/513399 – numero verde 800 27 64 33 – fax. 047I/513398~ »- Frau_gea@virgilio.it

Brescia
Associazione Casa delle Donne via S. Faustino 38 – 25122 Brescia -161.030/2400636 – casadelledonne@virgilio.it

Brìndisi
Io Donna per non subire Violenza c/o Centro Documentazione Donna Via Cappuccini, 8 – 72100 Brindisi – tel. e fax 0831/522034 associazioneiodonna@supereva.it
http://freeweb.supereva.com/associazioneiodonna/

Cagliari
Advocate c/o Arcidonna La Luna Nera via Barcellona, 80 – 09128 Cagliari-tel. 070/652675

Caserta
Telefono Rosa – Associazione Spazio Donna c/o ASL 15 via Roma, 169 – 81100 Caserta – tel. 0823/354126

Catania
Centro Antiviolenza Thamaia via G. Macherione, 14 – 95I25 Catania – tel. 095/7223990- www.thamaia.org – centroav@thamaia.org

Cesena
Telefono Donna e/o Centro donna piazza del Popolo, 9 -47023 Cesena (FO) – tel. 0547/356462

Chieti
Telefono Rosa Associazione «II filo di Arianna» via Cesare De Lollis, 23 -66100 Chieti – tel. 0871/347999

Como
Telefono Donna via Zezio, 60 – 22100 Como – tel. 031/304585 – fax 03I/09374 – segreteria@telefonodonnacomo.it
www.telefonodonnacomo.it

Cosenza
Telefono Rosa – Centro contro la violenza delle donne «Roberta Lanzino» via Caloprese, 56 – 87100 Cosenza – tel. 0984/3631 -36211 – contro33@centrolanzino191.it

Crema
Associazione Donne Contro la Violenza via XX Settembre, 15 -26013 Crema – tel. O37/ 380999 – assocdonne@libero.it

Cremona
A.I.D.A. -Associazione Incontro Donne Antiviolenza Onlus via Beltrami 13 – 26100 Cremona – tel 0372/30113 – fax 0372/566288 – www.sitisolidali.it/siti/aida – aida.onlus@virgilio.it

Cuneo
Telefono Donna e/o ARCI via Carlo Emanuele, 34 -12100 Cuneo-tel. 0171/631515

Empoli
Centro aiuto donna Lilith e/o Pubbliche Assistenze Riunite di Empoli via XX Settembre, 17 -50053 – Empoli (FI) – tel. 0571/725156

Faenza
S.O.S. Donna via Laderchi, 3 – 48018 Faenza (RA) – tel. 0546/22060 – www.sosdonna.com

Ferrara
Centro Donne e Giustizia -contro la violenza alle donne via Terranova, 12/B -44100 Ferrara – tel. e fax. 0532/247440

Firenze
Centro donne contro la violenza «Catia Franci» – Associazione Artemisia via del Mezzetta, 1 – 50135 Firenze – tel. 055/602311 -cfranci@iol.it-
www.artemisiacentroantiviolenza.it

Forlì
Centro Donna via Tina Cori, 58 – 47100 Forlì – tel. 0543/30590 -fax. 0543/34736

Genova
Centro accoglienza donne maltrattate e/o UDÌ via Cairoli, 14/7 – 16125 Genova – tel. 010/2461715 -fax 010/2461716 udige@libero.it

Grosseto
Centro Pari Opportunità Amministrazione comunale di Grosseto via Oberdan, 14 – 58100 Grosseto – tel. 0564/20027-fax 0564/2118

Imola
La Cicoria via Venturini, 4 – 40026 Imola(BO)-tel. 0542/ 604608

Lamezia Terme
Centro Lilith via Garibaldi, 83 – 88046 LameziaTerme (CZ) – tel. 0968/201713

Latina
Telefono Donna c/o Centro donna Lilith via D’Azeglio, 19 – 04100 Latina – tel. 0773/664165 -fax 0773/48035- c.donnalilith@tele2.it

La Spezia
Telefono Donna Associazione Codice Donna c/o UDI Via Corridoni, 5 – 19100 La Spezia – tel. 0187/703338

L’Aquila
Biblioteca della donna «Melusine» via dell’Annunziata, 7 -67100 L’Aquila – tel. 0187/703338- aqme1@tin.it

Lecco
Telefono Donna e/o UDI via Parini, 6 – 20053 Lecco -tel. 0341/363484

Livorno
Centro Donna Servizio del Comune di Livorno via Largo Strozzi – 57100 Livorno – tel. 0586/890053

Mantova
Telefono Rosa via Dario Tassoni, 14 -46100 Mantova – tel. 0376/225656

Merano
Casa delle Donne – Centro Antiviolenza/Fur Frauen, Gegengewalt corso Libertà, 184 – 39012 Merano (BZ) – tel. 0473/222335-perledonne@hotmail.net –
www. unibz.it/web4archiv/objects/pdf/standard/konzept_frauenhaus_ital.pdf

Messina
CEDAV – Centro Donne Anti violenza via Campo delle Vettovaglie, 9 – 8122 Messina tel. 090/715426 – numero verde 800225858 -fax 090/ 670931 cedav@virgilio.it

Milano
Casa di accoglienza donne maltrattate via Piacenza, 14 – 20135 Milano – tel. 02/55015519 -fax 02/55019609- www.cadmi.org

Soccorso violenza sessuale e/o Clinica Mangiagalli, via della Commenda, 12 -20122 Milano-tel. 333/6532651, 339/8755995 fax. 02/66112760 ww.svsdad.it

Cerchi d’acqua via Verona, 9 – 20100 Milano – tel. 02/58430117 -fax 02/58311549 -info@cerchidacqua.org -www.cerchidacqua.org

Modena
Associazione Gruppo Contro la Violenza alle Donne via del Gambero, 77 -41100 Modena – tel. O59/ 361050 – fax 059/361369 mostmodena@virgilio.it

Monza
Associazione C.A.DO.M. (Centro Aiuto Donne Maltrattate) via Mentana, 43 – 20052 Monza (MI) – tel. O39/ 2840006 – fax O39/ 2844515 – www.cadom.it – cadomonza@centrodonnemaltrattate.191.it

Napoli

Sportello Rosa -Gruppo della Cgil via Torino, 16 – 80100 Napoli – tel. 081/7856296 fax 081/5543082

Onda rosa via Carducci, 29 – tel. 081/426368

Centro antiviolenza via Posillipo, 359 – tel. 081/5755015

Padova
Centro Veneto Progetto Donna via Beato Pellegrino, 16 -35100 Padova tel. 049/8753627

Palermo
Le Onde c/o UDI via XX Settembre, 57 -90141 Palermo tel. 091/327973 – leonde@tin.it

Parma
Associazione Centro Antiviolenza via del Farnese, 23 – 43100 Parma – tel. 0521/238885 -fax 0521/23894 – www.acavpr.it

Pavia
Associazione Provinciale donne contro la violenza corso Garibaldi, 37/6 – 27100 Pavia-tel. 0382/32136

Perugia
Telefono Donna – Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria via Fontivegge, 51 – 06124 Perugia – numero verde 800861126

Pescara
Telefono Rosa via Modesto della Porta, 24 – 65124 Pescara – tel. 085/64535 – fax 085/691345

Pisa
Telefono Donna via Galli Tassi, 8 – 56100 Pisa – tel. e fax. 050/561628 – www.comune.pisa.it/casadonna

Potenza
Telefono Donna e/o Associazione telefono donna via Volontari del sangue, i – 85100 Potenza – tel. 0971/441114

Ravenna
Linea Rosa via Garatoni, 12 – 48100 Ravenna – tel. e fax 0544/216316 – www.linearosa.it

Reggio Emilia
Associazione Nondasola via Melegari, 2/A – 42100 Reggio Emilia – tel. 0522/921380

Riva del Carda
Associazione Telefono Donna viale I Maggio, 1 – 33066 Riva del Carda (TN)-tel. 0464/556000

Roma
Centro Donna L.I.S.A. via Rosina Anselmi, 41 -00100 Roma – tel. 06/87141661 – fax 06/87230457-www.centrodonnalisa.it donneingenere@tiscalinet.it

Differenza Donna viale di Villa Pamphili, 86/B-tel. 06/5810926-fax 06/5811473 – www.differenzadonna.it

Telefono Rosa viale Mazzini, 73 – tel. 06/37518261 – fax 06/37518289telefonorosa@libero.it

Salerno
Linea Rosa Associazione Spazio Donna
piazza Veneto, 2 – 84100 Salerno – tel. 089/254242

Sassari
Aurora: Centro Anti violenza via dei Mille, 61 – 07100 Sassari – tel. 079/210311 -numero verde 800042248 – www.comune.sassari.it/ informacitta/donne/aurora_centro_antiviolenza.htm

Savona
Telefono Donna via Sormano, 12 -17100 Savona – tel. 019/870065

Siracusa
Centro Antiviolenza Telefono Donna «La Nereide»
via Crispi, 88 – 96100 Sira­cusa – tel. 019/870065

Torino
Telefono Rosa via Assietta I3/A – 10128 Torino – tel. 011/530666 -fax 011/549184 – telefonorosa@mandragola.com – www.mandragola.com/ tel_rosa

Associazione Donne contro la Violenza e/o Casa delle Donne via Vanchigia, 3 -10124 Torino – tel. 011/8122519 -fax 011/837479

Trento
Associazione Famiglie in difficoltà via S. Francesco d’Assisi, io – 38100 Trento – tel. 0461/235008 – 233528

Centro Antiviolenza via della Dogana, i – tel. 0461/220048 – fax 0461/223476 – centroantiviolenzatn@tin.it – www.centroantiviolenzatn.it

Treviso
Telefono Rosa via Canova, 44 – 31100 Treviso – tel. 0422/53022

Trieste
Centro Antiviolenza GOAP via S. Silvestre, 3/5 – 34132 Trieste-tel./fax 040/3478827-www.goap.it – info@goap.it

Udine
lotuvuoi donne insieme via della Roggia, 91 – 33100 Udine – tel. 0432/42256 – ass.idi@infinito.it

Varese
Associazione EOS via Staurenghi, 24 – 21100 Varese – tel. 0332/231271 – fax 0332/496511- eosvarese@virgilio.it

Venezia – Mestre
Associazione Donne con le Donne e/o Centro Donna viale Garibaldi, I55/A – 30174 Venezia Mestre – tel. 041/5342991-fax 041/5342862

Centro Antiviolenza e/o Centro Donna, via Garibaldi, 155 – tel. 041/5349215-fax 041/5342862

Verona
Telefono Rosa via Poiane, 26 – 37142 Poiane (VR) – tel. 045/550770-fax 045/8709847

Vicenza
Donna chiama donna via Torino, 11 36100 Vicenza – tel/fax 0444/542377 – www.donnachiamadonna.org

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