Il Malleus Maleficarum

Il Malleus Maleficarum

Il Malleus Maleficarum

pdfScarica il “Malleus Maleficarum” (233 pag. in inglese, nella trad. di Montague Summers, 621 KB )

Per secoli, la Chiesa conservò un atteggiamento piuttosto confuso nei riguardi della stregoneria. La maggior parte dei sacerdoti, soprattutto nelle zone rurali, era poco istruita e assai simile ai parrocchiani, dei quali condivideva la fede indiscussa nella realtà della stregoneria, nella possibilità che un’anziana donna del villaggio esercitasse poteri occulti, mandasse in rovina un raccolto, causasse malattie al bestiame e, addirittura, che fosse responsabile di tutte le morti apparentemente senza spiegazione.

Che osservassero o no il voto di celibato, non dovevano sapere granché in tema di ginecologia e molti provavano repulsione per quelle che dovevano sembrar loro le impure complicanze del corpo femminile. Per il suo modo di affrontare quei problemi, per la fiducia e la sicurezza che ispirava alle altre donne, l’anziana del villaggio, quasi quotidianamente, metteva il prete di fronte alla prova pratica ed evidente della sua inadeguatezza e inferiorità. Per quei sacerdoti, quindi, la stregoneria era una realtà inconfutabile, una realtà che favoriva rivalità e risentimento.

Per tutto il XV secolo, però, il dogma ufficiale della Chiesa negò la realtà della stregoneria. I raccolti danneggiati, le epidemie di bestiame, le morti inspiegabili potevano essere attribuiti all’opera del diavolo o a cause naturali, ma non a una donna del villaggio. Per quanto riguardava la Chiesa, la stregoneria era una menzogna divulgata dal diavolo. Il peccato, perciò, consisteva non nella stregoneria, ma nel credere a essa e nelle pratiche legate a tale credenza, poiché era a causa di questa che

la strega ha abbandonato il cristianesimo, ha rinnegato il battesimo, ha adorato Satana come suo Dio, si è concessa a lui anima e corpo e vive unicamente per essere il suo strumento nel compiere il male […] che egli può attuare soltanto tramite un agente umano.

(Lea, H.Ch., A History of the Inquisition of the Middle Ages).

Era dal IX secolo che la Chiesa dichiarava frutto di fantasia i racconti di streghe che volavano durante ì Sabba; tuttavia, chiunque ci credesse, era accusato di allontanarsi dalla fede e, quindi, considerato “infedele e pagano”. Questo atteggiamento sarebbe più tardi diventato un articolo della legge canonica: sì riteneva che chi credeva nella stregoneria avesse perso la fede e ceduto a un inganno e dunque doveva essere considerato eretico.

Intorno alla metà del XV secolo la posizione della Chiesa cominciò a cambiare. Nel 1458 un inquisitore, certo Nicholas Jaquerius, sostenne che “la setta delle Streghe” dell’epoca non aveva niente a che vedere con gli eretici citati nei relativi articoli della legge canonica; perché il potere che aveva era concreto, e non doveva essere semplicemente archiviato come una fantasia.

Nel 1484 la Chiesa fece un globale, spropositato voltafaccia: una Bolla papale capovolse la posizione precedente e riconobbe ufficialmente la stregoneria come entità reale. Nella Bolla, il pontefice dichiarava:

[…] Recentemente, è infatti arrivato alle nostre orecchie, non senza procurarci grande pena, che in certe regioni della Germania settentrionale, come pure nelle province, città e territori di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema, numerose persone dell’ uno e dell’altro sesso, incuranti della loro salvezza e deviando dalla fede cattolica, si sono abbandonati a demoni, succubi e incubi, e facendo ricorso ad incantesimi, sortilegi, congiure, altre infami attività superstiziose e pratiche magiche, hanno sgozzato bambini ancora nel grembo della madre, vitellini e bestiame, hanno fatto seccare i raccolti, reso uomini impotenti e donne sterili, di modo che i mariti non potessero andare con le mogli e le mogli non potessero ricevere i loro mariti […]

(Bolla di Innocenzo VIII, “Summis desiderantibus affectibus”, 1484).

Sette anni dopo, nel 1491, dall’università di Colonia fu diramato un documento con la notifica che qualunque affermazione contro la realtà della stregoneria, “sarebbe incorsa nella colpa di ostacolare l’Inquisizione”.

Con maggiore tortuosità retorica, quella stessa concezione veniva resa, poco tempo dopo, inappellabile dall’inquisitore della città di Como, il quale sosteneva:

Numerose persone sono state arse per aver preso parte al Sabba, la qual cosa non si sarebbe potuta fare senza l’assenso del papa, nel che consiste la bastevole prova che l’eresia era reale, perché la Chiesa punisce soltanto le colpe evidenti.

(Lea, H.Ch., A History of the Inquisition of the Middle Ages).

Secondo uno storico moderno:

Insoddisfatti delle semplici accuse di stregoneria, e del fatto che a essa si facesse risalire qualsiasi pratica di magia, i giudici volevano ora rappresentare lo stregone come appartenente a una cospirazione demoniaca contro la religione e i suoi fedeli. Lo stregone, dedito a mirate e singole azioni di malvagità rivolte nemici particolari, cedeva il passo a una confraternita di streghe impegnata nella distruzione della cristianità

(Kieckhefer, Magic of the Middle Ages).

In passato credere nella stregoneria era un eresia; ora improvvisamente, diventava un’eresia non crederci. Si era instaurato un meccanismo automatico attraverso il quale per chiunque la Chiesa avesse riconosciuto come nemico non ci sarebbe più stata via di scampo. Si creò un clima generalizzato di sospetto. E potevano essere cercati dei capri espiatori anche per rispondere dei disastri naturali, esonerando in tal modo sia Dio che il diavolo. Data l’accesa misoginia degli inquisitori, quei presunti responsabili erano quasi sempre donne.Nella Bolla del 1484, che dava ufficialità alla stregoneria, papa Innocenzo VIII faceva due nomi:

E anche se i nostri diletti figli, Heinrich Kramer e Johann Sprenger […] sono stati delegati come inquisitori con lettera apostolica […] decretiamo che ai suddetti inquisitori venga data potestà di giusta riprensione, incarcerazione e punizione di chiunque, senza permesso e senza limitazione

(Bolla di Innocenzo VIII, “Summis desiderantibus affectibus”, 1484).

Heinrich Kramer era un domenicano che, intorno al 1474, era già stato nominato inquisitore per il Tirolo e per la città di Salisburgo, dove fu direttore spirituale della chiesa domenicana. Nel 1500 sarebbe stato nominato nunzio apostolico e inquisitore per la Boemia e la Moravia. Il suo collega, Johann Sprenger, anche lui domenicano, era il priore del convento dell’ordine, a Colonia. Nel 1480 divenne preside della facoltà di teologia, un anno più tardi fu nominato inquisitore delle province di Colonia, Magonza e Treviri e, nel 1488, fu messo a capo dell’intera regione.

Illustrazione tratta da Compendium Maleficarumdi Francesco Mario Guazzo, 1608.

Illustrazione tratta da Compendium Maleficarum di Francesco Mario Guazzo, 1608.

Intorno al 1486, due anni dopo essere stati citati dal papa, Heinrich Kramer e Johann Sprenger pubblicarono un libro che rappresenta certamente una delle opere più miserabili – nel senso più profondamente morale del termine – e indegne dell’intera storia della civiltà occidentale. Il suo titolo era Malleus Maleficarum (Il maglio delle streghe), in riferimento alla pesante mazza che sarebbe stata usata per schiacciarle e, davvero, con le sue cinquecento e più pagine,

il libro rappresenta, anche nell’edizione moderna, un pesantissimo maglio. Nel 1520, appena trentaquattro anni dopo la sua uscita, era ormai talmente popolare, da avere raggiunto la tredicesima edizione; anzi, le ristampe si sono susseguite fino ai giorni nostri e, cosa davvero aberrante, ci sono ancora persone che lo prendono sul serio. Nel 1986 è stato nuovamente tradotto in inglese ed esaltato con un entusiastico panegirico da Montague Summers, un eccentrico aspirante esorcista, autonominatosi esperto di vampiri e di lupi mannari. Secondo Summers, il Malleus è “uno dei più importanti e ponderosi libri del mondo”. Nel caso tale lode possa apparire tiepida e modesta, Summers aggiunge: “È un’opera che cattura irresistibilmente l’attenzione di tutti coloro che pensano, vedono, o stanno cercando dì vedere, la realtà ultima che sta alla base degli eventi della materia, del tempo e dello spazio”.

Non esitando a entrare nei sinistri e spesso pornografici particolari, il Malleus si incarica di descrivere tutte le supposte manifestazioni di stregoneria, nella pretesa di rappresentare un esaustivo manuale fai-da-te non solo per gli inquisitori, ma anche per giudici, magistrati e autorità secolari di ogni livello, e, per estensione, per qualunque cittadino abbastanza anormale da trovare una ragione o una “sragione” sufficiente a fargli sospettare la presenza di stregoneria attorno a sé. Ma, in verità, il libro sembra piuttosto rappresentare un compendio di psicopatologia sessuale e l’illuminante descrizione di una sfrenata fantasia deviante. Con un’ossessività che salterebbe immediatamente agli occhi di qualunque psicologo moderno, il testo si concentra o, meglio, si fissa in modo maniacale sulla copulazione con il diavolo, su congiungimenti carnali con incubi e succubi, e su varie altre forme di esperienze erotiche e di attività (o di passività) sessuale, che un’immaginazione malata attribuisce alle forze demoniache. Inoltre, offre tecniche di diagnosi e prognosi delinea procedure terapeutiche e punizioni riabilitatone, fornisce formule e ricette per gli esorcismi, e tutto ciò con classico spirito e ambizione enciclopedici.

Effettivamente, per gli inquisitori, e non solo per loro, divenne una specie di surrogato della Bibbia. Come dice Montague Summers – una volta tanto, a ragione – nella sua mal riposta apologia,” il Malleus si trovava sul banco di ogni giudice e sullo scrittoio di ogni magistrato: era l’autorità ultima, irrefutabile, indiscutibile. Veniva riconosciuto non solo dall’assemblea legislativa cattolica ma anche da quella protestante”.

Il Malleus inizia affermando esplicitamente:

La credenza che le streghe esistano è una parte talmente essenziale della fede cattolica, che sostenere ostinatamente l’opinione opposta sa manifestamente di eresia.

Si tratta evidentemente di un’eco della Bolla papale del 1484, che rovesciava la precedente opinione della Chiesa riconoscendo ufficialmente l’esistenza della stregoneria. Avendo esposto le sue premesse di base, il Malleus procede nella sua esposizione:

Questo è ciò che proponiamo: i diavoli, con le loro arti, causano alcuni effetti per mezzo della stregoneria, eppure è vero che senza l’assistenza di un qualche mediatore, non possono fare niente […] non sosteniamo che possono causare danni senza l’assistenza di un mediatore, ma che per suo tramite possono portare infermità, e qualunque altra pena, e che tutto ciò è reale.

In altre parole, le forze demoniache sono prive di poteri autonomi e possono fare il male solo tramite un agente umano. Di conseguenza, sono gli esseri umani i veri colpevoli delle sventure che prima venivano attribuite o all’imperscrutabile volontà divina, o all’attività della natura, o alla malvagità del demonio; tutte cose al di fuori della portata dell’Inquisizione. Ma ormai, per qualsiasi infortunio nell’ordinato funzionamento dell’esistenza, ci sarebbe stato un colpevole da punire. Secondo l’ardita logica del Malleus, le streghe al massimo del loro potere possono provocare tempeste di pioggia o di grandine, invocare i fulmini e farli cadere su uomini e animali, causare la peste e uccidere neonati per offrirli in sacrificio alle forze diaboliche. Quando nessuno le vede, possono far cadere i bambini nei corsi d’acqua e farli affogare; possono far impazzire un cavallo mentre ha in groppa il cavaliere, suscitare negli uomini un amore forsennato o un odio furibondo; possono uccidere persone e animali con uno sguardo, il famoso “malocchio”; possono rivelare il futuro e volare “con il corpo o con la mente”.
Il Malleus ammette che alcuni inquisitoli si dimostrano eccessivamente prudenti nel punire, per la paura di aggressioni o vendette del demonio contro di loro. Perciò fa un tentativo, in verità debolissimo, per essere rassicurante, affermando che le streghe “non possono causare ingiuria agli inquisitori o ad altri funzionari perché essi sono i dispensatori della pubblica giustizia. Si potrebbero addurre molti esempi come prova, ma il tempo a disposizione non lo permette”.

Il tempo era davvero poco: gli autori del Malleus dovevano ancora scrivere cinquecento pagine per sviluppare le loro tesi. Perciò si limitarono a offrire un altro briciolo di rassicurazione:

Ci sono tre classi di uomini benedetti da Dio, a cui quella razza detestabile non può fare del male con la propria arte diabolica. La prima è quella di coloro che amministrano la giustizia contro i mediatori del demonio, e per l’autorità del proprio ufficio li perseguono. La seconda è quella di coloro i quali, secondo i riti tradizionali e santi della Chiesa, fanno legittimo uso del potere e della virtù che la Chiesa tramite il suo esorcismo concede con l’aspersione dell’acqua santa, con l’offerta del sale consacrato, con l’accensione delle candele benedette […] la terza classe è quella degli uomini che, in modi diversi e innumerevoli, sono benedetti dai santi angeli.

In altre parole, anche la Chiesa si serve di superstizioni, di pratiche e di rituali magici, ma essi sono sostanzialmente rispettabili proprio perché nella Chiesa hanno la loro derivazione. Nei “santi angeli” la Chiesa riconosce i propri misteriosi e incorporei alleati, che sono immensamente più potenti dei misteriosi e incorporei alleati della strega:

Perché gli esorcismi della Chiesa hanno lo scopo preciso, essendo rimedi assolutamente efficaci, di difendere se stessi dalla malvagità delle streghe.

Il Malleus è pragmaticamente, anzi, psicoticamente, misogino. Per quanto coraggiosi potessero mostrarsi nella lotta contro i poteri invisibili, gli autori avevano un terrore delle donne che rasentava la follia; le consideravano intrinsecamente deboli e, per definizione “peccatrici”.

La donna

“è un animale imperfetto, che inganna per natura”; “incline a vacillare in materia di fede religiosa”, “istintivamente bugiarda”, “bella a guardarsi, contaminante a toccarsi e mortale a possedersi”; è biasimevole in tutto, perché “ogni stregoneria deriva dal desiderio carnale, che nella femmina è insaziabile”.

Se tutte le donne avvenenti suscitavano un particolare sospetto, lo stesso avveniva per le levatrici, per la loro intima conoscenza ed esperienza di quelli che gli inquisitori consideravano i misteri femminili. Era credenza comune che i bambini nati morti fossero in realtà stati uccisi dalla levatrice come sacrificio al demonio. Anche quelli deformi, sfigurati, malati, o anche solo irrequieti, erano frutto dell’azione magica della levatrice. Grazie alla fiducia che ispirava nelle altre donne, e per la concorrenza che faceva all’autorità del prete, la levatrice era un bersaglio ideale; era proprio su di lei che l’inquisitore poteva fare pratica, poteva affilare e perfezionare impunemente le proprie inclinazioni depravate.

Il Malleus è spietatamente inflessibile con le ragazze sedotte e abbandonate:

Quando una giovane è stata corrotta, ed è stata disdegnata dal suo amante dopo che ha copulato con lui senza pudore nella speranza e con la promessa di matrimonio, e si è ritrovata delusa in tutte le sue speranze e sprezzata da tutti, si rivolge all’aiuto e alla protezione dei diavoli.

Naturalmente, il seduttore non è stigmatizzato in alcun modo e, anzi, fa intendere il Malleus, è una vittima potenziale della stregoneria. Il libro non esita a interpretare come stregoneria qualunque tipo di comportamento che gli autori non riescano a spiegarsi: gli effetti di una droga, come la cornuta o i “funghi magici”, o la masturbazione, o una sensuale esposizione di nudità.

Spesso le streghe sono state viste sdraiate sulla schiena nei prati o nei boschi, nude sino all’ombelico, ed era evidente dalla disposizione degli arti e degli organi relativi alle parti veneree e all’orgasmo, come anche dal movimento delle gambe e delle cosce, che stavano copulando con i demoni noti come Incubi, anche se questi erano invisibili agli astanti.

Il libro offre anche una spiegazione razionale, che deve aver lenito l’orgoglio ferito di molti mariti traditi:

È pur certo che possa essersi verificato quanto segue. Vari mariti hanno effettivamente visto un Incubo accoppiarsi con la propria moglie, anche se in un primo momento hanno ritenuto che non si trattasse di un diavolo ma di un uomo. E quando hanno afferrato un’arma, per cercare di trapassarlo da parte a parte, il diavolo è improvvisamente scomparso, rendendosi invisibile.

Il Malleus cita altre presunte manifestazioni e pratiche stregonesche. Menziona l’uccisione di bambini, con conseguente cottura e consumo delle loro carni. Descrive i vari modi in cui le streghe si legavano alle forze demoniache. Discute della pratica di infilare spilli in immagini di cera. Più volte, con fissazione ossessiva, torna su argomenti sessuali.
Non di rado le ossessioni sessuali si trasformano in fantasie farneticanti; per esempio, si racconta di

streghe che […] raccolgono organi maschili in gran numero, fino a venti o trenta membri insieme, e li mettono nel nido di un uccello, o li chiudono in una scatola, dove si muovono come vivi, e vengono nutriti a orzo e grano.

Immagini come queste vengono attribuite a un’illusione demoniaca, causata “dalla confusione procurata all’organo della vista mediante la trasformazione dell’immaginazione mentale in facoltà visiva”, tuttavia, non possiamo fare a meno di chiederci se gli autori dell’opera, anche solo per concepirle, non abbiano fatto uso essi stessi di sostanze allucinogene, oppure se non disponessero di una fantasia persino più tormentata e anomala di quella di Hieronymus Bosch.

Il Malleus è particolarmente ossessionato dai rapporti sessuali con le entità demoniache immateriali: incubi, quelle maschili, e succubi, quelle femminili. Il frutto di queste copule con demoni incorporei erano le polluzioni notturne; di conseguenza, gli autori si preoccupavano molto dello sperma. Usando dettagli clinici, esaminano il problema dell’effettiva materialità dell’atto sessuale dei demoni, cioè se esso “sia sempre accompagnato dall’emissione di sperma”. In caso affermativo, si interrogano sulla provenienza dello sperma, se sia di sostanza demoniaca o se sia stato rubato a una creatura mortale. Si passa poi a un attento esame qualitativo: con quale criterio vengono scelti gli uomini a cui trafugare il seme? Lo sperma emesso in una polluzione “innocente” può essere raccolto dai demoni e, per così dire, riciclato? Nessuna possibilità è lasciata senza approfondimento. Per gli autori del Malleus, la pratica sessuale con entità incorporee era una trasgressione terribilmente grave ed empia, perché rappresentava una blasfema parodia del concepimento di Gesù nel seno di una Vergine, a opera dello Spirito Santo. Quattro secoli dopo, il romanziere Joris-Karl Huysmans sarebbe ritornato sull’oscuro, innominabile e, alla fin fine, imperdonabile “peccato contro lo Spirito Santo”.
Quel peccato, per il quale si diceva che non ci fosse possibilità di perdono, e la cui natura era sempre stata scrupolosamente tenuta segreta dalla Chiesa, Huysmans volle identificarlo con la parodia sacrilega della nascita del Bambino dalla Vergine, implicita nell’accoppiamento con un’entità immateriale. Quasi certamente aveva ragione, ma quel terribile segreto poteva, in fondo, non essere tale. Nel Dottor Faust di Marlowe, per esempio, scritto quando il Malleus, pubblicato per la prima volta solo un secolo prima, era ancora largamente in uso, Faust si serve di fattori demoniaci per evocare l’ombra di Elena di Troia, qualificata come succubo. Ed è solo dopo essersi congiunto sessualmente con lei che il suo fato si compie ed egli è irrevocabilmente dannato. L’Inquisizione, armata del Malleus Maleficarum, instaurò un regno di terrore in tutta l’Europa.

Nelle inchieste e negli interrogatori, la regola che veniva applicata alle prove era semplicissima: qualunque fatto su cui giurassero due o tre testimoni veniva accettato come vero e anche come definitivamente provato. Si faceva largo uso di domande trabocchetto, escogitate allo scopo di raggirare sia il sospettato che il testimone.

Per esempio, la domanda poteva essere “se credeva o no che esistesse la stregoneria, e che si potessero scatenare tempeste o affatturare uomini e animali. È da notare che, inizialmente, la maggior parte delle streghe affermava di no”.

Se la persona imputata negava di crederci, la domanda successiva arrivava con la violenza di una trappola che scatta: «Allora, le streghe bruciate sono state condannate ingiustamente? E il malcapitato, o la malcapitata, era costretto a dare una risposta». E neanche importava quale fosse, perché la colpevolezza era certa, dal momento che non credere nella stregoneria era già di per sé un’eresia.

Illustrazione tratta da Compendium Maleficarumdi Francesco Mario Guazzo, 1608.

Illustrazione tratta da Compendium Maleficarumdi Francesco Mario Guazzo, 1608.

Quando una strega veniva arrestata, si prendevano complicate precauzioni per neutralizzare i suoi poteri: per negarle il contatto con la terra, e attraverso di essa con le regioni infernali, veniva trasportata tenendola sollevata su un’asse di legno oppure in un cesto; quando si trovava davanti al giudice doveva rimanere voltata di spalle: in tal modo le era impossibile qualunque tentativo di ammaliarlo con lo sguardo; e sia i giudici che il personale coinvolti nel processo, “non dovevano lasciarsi toccare da lei e, particolarmente, dovevano fare in modo di non venire in contatto con le sue braccia o le sue mani nude”.

Ai giudici veniva anche consigliato di portare al collo, appesi a un laccio o a una catenella, erbe benedette e sale consacrato durante la domenica delle Palme, sigillati in una speciale cera, anch’essa benedetta. Nonostante le ripetute rassicurazioni di immunità, era sempre meglio non correre rischi.

Il processo veniva portato avanti con una conoscenza piuttosto sofisticata della psicologia. Le tecniche impiegate riflettevano la notevole esperienza acquisita nell’ottenere e nell’estorcere informazioni. Gli inquisitori sapevano che la mente dell’indagato spesso era il suo peggior nemico, che la paura nasce nella solitudine e nell’isolamento, e che spesso può produrre risultati soddisfacenti quanto la violenza fisica. Così, la paura della tortura, per citare l’esempio più ovvio, veniva provocata e alimentata fino a che non si trasformava in uno stato talmente parossistico di panico da vanificare la necessità della tortura stessa. Se l’accusato non confessava subito, gli veniva detto che sarebbe seguito un interrogatorio sotto tortura, però solo dopo un certo periodo di tempo.
Il Malleus consiglia “che l’accusato sia denudato o, se è femmina, che venga prima condotta nelle celle penali e lì denudata da donne oneste e di buona reputazione”. Successivamente, i giudici potevano “interrogarla con moderazione, senza spargimento di sangue”, ma solo “dopo avere tenuto l’accusata in uno stato di attesa, rinviando continuamente il giorno dell’interrogatorio, e usando spesso la persuasione verbale”.

L’inquisitore era incoraggiato a utilizzare una strategia che è oggi ben nota, quella di un poliziotto “inflessibile” e di uno “malleabile” “che ordini agli incaricati di legarla con corde a una macchina di tortura; e che essi obbediscano prontamente ma non con gioia, anzi mostrando di essere turbati dal loro compito. Che venga poi liberata di nuovo, portata da un’altra parte, e che si provi ancora a persuaderla; e nel persuaderla, le si dica che può evitare la pena di morte”.

Il Malleus consiglia una palese doppiezza: a un’accusata si poteva anche promettere la vita, ma la vita sarebbe stata in carcere, a pane e acqua.

E che non le si dica, quando le si promette la vita, che così sarà messa in prigione; ma venga condotta a credere che le sarà imposta qualche altra penitenza, come l’esilio.

Comunque, per ottenere quelle dubbie concessioni, doveva denunciare e rivelare l’identità di altre streghe.
Del resto, si affretta a chiarire il Malleus, la promessa di avere salva la vita non doveva essere davvero mantenuta: non c’era alcun obbligo di rispettare la parola data a una strega. Molti inquisitori infatti

pensano che, dopo essere stata messa in carcere, la promessa di risparmiarle la vita dovrebbe essere mantenuta per un po’, ma dopo un certo periodo la donna dovrebbe essere bruciata.

O, in alternativa,

il giudice può promettere, senza rischi, la vita all’accusata, ma in modo tale da liberarsi dell’incombenza di pronunciare la sentenza di morte, deputandola a un altro giudice al posto suo.

Quando una strega veniva riportata in cella dopo una seduta di tortura, il giudice doveva assicurarsi che “nel tempo di pausa ci [fossero] sempre delle guardie con lei, in modo da non lasciarla mai sola, per paura che il diavolo la [spingesse] a suicidarsi”.

In altre parole, anche un suicidio o un tentato suicidio, causato dallo strazio o dal terrore, veniva interpretato come un’ispirazione del demonio, e perciò come un’ulteriore prova di colpevolezza. In tal modo, gli inquisitori discolpavano se stessi. Quando qualche sventurata donna tentava di suicidarsi infilandosi nella testa gli spilloni con cui fermava sui capelli la cuffia, dicevano: “L’abbiamo trovata in questo stato, come se avesse voluto infilarli nelle nostre teste”. Anche quei folli atti di disperazione venivano attribuiti a intenzioni malevole e aberranti, al fine di produrre prove di colpevolezza.

I suicidi e i tentati suicidi erano ovviamente piuttosto comuni. Il Malleus riferisce di streghe che “dopo avere confessato i loro crimini sotto tortura, [hanno cercato] di impiccarsi”, oppure che “approfittando della disattenzione delle guardie, si sono impiccate con i lacci delle scarpe o con gli abiti”.

Se, nonostante la tortura, la strega si rifiutava ancora di confessare, il Malleus consigliava stratagemmi mi più cervellotici. L’accusata, per esempio, poteva essere portata in una casa, i cui proprietari dovevano “fare finta di partire per un lungo viaggio e di lasciarla sola”. E poi

Si faccia in modo che qualcuno di sua conoscenza […] vada a trovarla e le prometta che sarà messa in completa libertà se gli insegnerà come si effettuano certe magie. E il giudice ponga mente che in questo modo molte hanno confessato e sono state condannate.

Come ultima risorsa, il Malleus consiglia il più sfacciato e incredibilmente spudorato imbroglio:

E che, infine, il giudice entri e prometta che avrà misericordia, con la segreta, intima intenzione che ciò che intende è che sarà misericordioso verso se stesso e verso lo Stato; perché tutto quello che viene fatto per lo Stato è un atto di misericordia.

Ai giorni nostri, abbiamo tutti esperienza di come un qualche “timore” collettivo possa crescere progressivamente, come per contagio psicologico, e assumere proporzioni di vera e propria isteria di massa. Durante gli anni cinquanta, negli Stati Uniti, ci fu l’ossessiva crociata del senatore Joseph McCarthy per scovare presunti comunisti. Nel dramma Il crogiolo il commediografo Arthur Miller attaccò la campagna di McCarthy usando, per analogia, la metafora dei processi di stregoneria svoltisi a Salem nel XVII secolo. Grazie all’opera di Miller l’espressione “caccia alle streghe” è diventata un diffuso modo di dire moderno, per indicare qualunque tentativo di snidare presunti nemici instillando e diffondendo la paura collettiva.
Ancora più di recente, abbiamo conosciuto altre forme di panico di massa. In seguito alle tensioni con la Libia, sotto la presidenza di Ronald Reagan, parecchi turisti americani hanno modificato i loro progetti di vacanza per evitare, terrorizzati, i voli internazionali. Si è verificato il caso, in Gran Bretagna, di intere comunità di cittadini sospettate di avere compiuto violenza sui minori durante riti satanici, con il risultato che decine e decine di genitori sono stati allontanati dai figli con la forza. Considerati questi esempi, è facile capire come la paura della stregoneria potesse avere raggiunto le proporzioni di una vera e propria epidemia di panico, quando si consideri che era stata diffusa dalla suprema autorità religiosa del tempo; anzi, come fosse potuta diventare, a tutti gli effetti, l’equivalente psicologico della peste.

Secondo uno storico:

La paura delle streghe era sostanzialmente una malattia dell’immaginazione, creata ed eccitata dalla persecuzione contro la stregoneria. Dovunque un inquisitore o un magistrato civile si recasse a cancellarla con il fuoco, intorno a lui spuntava una messe di streghe.

Parlando della Chiesa, lo stesso storico osserva:

Qualunque inquisitore decidesse di combattere la stregoneria, diventava, con la propria azione, un missionario che ne diffondeva ancora di più il seme.

La delirante persecuzione contro le streghe cominciò sotto gli auspici dell’Inquisizione, quando la Chiesa esercitava ancora una supremazia indiscussa sulla vita religiosa dell’Europa. L’Inquisizione era talmente concentrata sulla stregoneria, che ben presto si sarebbe lasciata cogliere del tutto alla sprovvista dall’avvento di una minaccia assai più seria, che avrebbe assunto l’identità di un monaco apostata di nome Martin Lutero. È comunque giusto ricordare che, trent’anni dopo la pubblicazione del Malleus Maleficarum, l’insensata caccia alle streghe avrebbe conquistato anche le giovani Chiese protestanti.

Nella seconda metà del XVI secolo, dunque, sia i cattolici sia i protestanti mandarono al rogo non due o tre, ma centinaia di donne accusate di stregoneria: e questo delirio incendiario sarebbe proseguito per più di un secolo, raggiungendo il suo culmine nella sanguinosa guerra dei Trent’anni, svoltasi fra il 1618 e il 1648.

Fra il 1587 e il 1593 l’arcivescovo di Treviri fece giustiziare trecentosessantotto streghe, il che equivale alla media di una e mezzo alla settimana.
Nel 1585 due villaggi tedeschi subirono una tale decimazione che in entrambi rimase viva una sola donna.
Lungo un arco di tre mesi, cinquecento presunte streghe furono condannate al rogo dal vescovo di Ginevra.
Fra il 1623 e il 1633 il principe e arcivescovo di Bamberga ne fece morire tra le fiamme più di seicento.
Nei primi anni del XVII secolo novecento persone furono bruciate dal principe e vescovo di Würzburg, tra cui il suo stesso nipote, diciannove sacerdoti, e alcuni bambini accusati di avere avuto rapporti sessuali con il demonio.
In Inghilterra, nel periodo del “protettorato”, anche Cromwell si servì di un “generale-scova-streghe”, il famigerato Matthew Hopkins.
Alla fine del Seicento l’isterismo si era propagato anche al di là dell’Atlantico, alle colonie puritane del New England, dando luogo ai tristemente famosi processi di Salem, quelli che avrebbero fornito lo scenario alla commedia di Arthur Miller.
Tuttavia, i peggiori eccessi protestanti non riuscirono mai a uguagliare quelli della Chiesa di Roma, in seno alla quale l’Inquisizione si espresse al massimo delle proprie potenzialità, vantandosi apertamente di avere bruciato, con un calcolo approssimato per difetto, trentamila streghe lungo un arco di centocinquant’anni. La Chiesa aveva sempre manifestato una tutt’altro che piccola tendenza alla misoginia e l’operazione contro la stregoneria le fornì un mandato su larga scala per una crociata contro le donne e tutto ciò che era femminile.

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