Il collettivismo ologarchico e la neolingua

Da “La teoria e la pratica del collettivismo oligarchico” di Emmanuel Goldstein

greggiTutte le fedi, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali che caratterizzano il nostro tempo, hanno lo scopo effettivo di sostenere la mistica del Partito e di impedire che la vera natura della società contemporanea appaia nella sua realtà. Una rivolta materiale, così come ogni mossa preliminare che conduca a tale rivolta, è, al presente, praticamente impossibile.

Dai prolet non c’è nulla da temere.
Lasciati a se stessi, essi continueranno, di generazione in generazione, e di secolo in secolo, a lavorare, a generare e a morire non solo senza provare mai alcun impulso alla rivolta, ma soprattutto senza la possibilità di intendere che il mondo potrebbe anche essere diverso da quello che è. Essi potrebbero divenire pericolosi solo se il progresso della tecnica industriale rendesse necessario di migliorate e di portare a un livello superiore lo standard della loro educazione. Ma dal momento che le rivalità commerciali e militari non hanno più ora l’importanza che avevano una volta, il livello dell’educazione del popolo va man mano declinando.

Conoscere quali siano le opinioni condivise dalle masse e quali siano, per contro, le opinioni che le masse non condividono, costituisce un problema del tutto trascurabile. Alle masse, infatti, è garantita una sorta di libertà intellettuale dal momento che esse sono sprovviste, appunto, d’intelletto. D’altro canto, per quel che riguarda invece un membro del Partito, nemmeno la più piccola deviazione dall’opinione ufficiale, anche sul più insignificante degli argomenti, sa essere tollerata. Un membro del Partito vive, da quando nasce fino a quando muore, sotto l’occhio vigile della Psicopolizia. Anche quando è solo, non può mai sapere se sia effettivamente solo. In qualsiasi luogo si trovi, sveglio o addormentato, sia che lavori, sia che si riposi, nel bagno o a letto, può essere oggetto d’ispezione senza alcun preavviso, e anzi senza nemmeno ch’egli sappia d’esserlo.

Nessuna sua azione può essere trascurabile. Le sue amicizie, le sue relazioni, il suo comportamento verso la moglie e i figli, l’espressione della sua faccia quando è solo, le parole che mormora nel sonno, e persino i movimenti caratteristici propri al suo corpo vengono tutti rigorosamente sottoposti a osservazione. Così che non soltanto una vera e propria deviazione del suo comportamento esterno, ma anche qualsiasi eccentricità, anche la meno appariscente, ovvero qualsiasi mutamento nelle sue abitudini, qualsiasi traccia di nervosismo che possa apparire come sintomo d’una lotta interna, verranno certamente scoperti. Egli non ha alcuna libertà di scelta, in nessuna direzione. D’altra parte le sue azioni non vengono regolate dalla legge né da alcun codice chiaramente formulato.

In Oceania non esiste legge. Pensieri ed azioni che, una volta scoperti, significherebbero una inappellabile sentenza di morte non sono formalmente proibiti, e i repulisti in grande stile, gli arresti, le torture, la prigione e la stessa vaporizzazione, infine, non vengono inflitti come punizione per delitti che sono stati realmente commessi, ma costituiscono soltanto l’eliminazione di persone che possono nel futuro avere appunto la possibilità di commetterli. Si richiede, infatti, che un membro del Partito non abbia soltanto opinioni consentite, ma soprattutto che siano consentiti i suoi istinti.

La maggior parte delle opinioni e degli atteggiamenti che si richiedono da lui non sono mai stati chiaramente enunciati, e di fatto non potrebbero essere enunciati senza mettere a nudo, di conseguenza, tutte le contraddizioni proprie al Socing. Se si tratta di persona naturalmente ortodossa (pensabenista, in neolingua), egli saprà in tutte le circostanze, senza nemmeno starci a pensar su, qual è l’opinione consentita, qual è il genere d’emozione che si richiede da lui in un determinato momento. Ma, in ogni modo, un elaborato allenamento mentale, intrapreso fin dalla puerizia, ed accentrato attorno a parole in neolingua come stopreato, nerobianco, bispensiero, ecc. gli rende l’operazione di formulare un pensiero qualsiasi già di per se stesso sgradita, senza contare che nella maggior parte dei casi lo renderebbe addirittura incapace di ciò.

Un membro del Partito si suppone che non possieda alcun margine per emozioni di natura privata, così come per alcuna vacanza dall’entusiasmo. Ci si aspetta da lui che egli viva in una continua frenesia d’odio per i nemici di fuori e i traditori di dentro, che trionfi per le vittorie e che riconosca la propria umiltà di fronte alla potenza illuminata del Partito. Il malcontento che può sorgere dalla sua stessa nuda e disgraziata vita quotidiana viene ingegnosamente sfogato e deviato mediante ritrovati come i Due Minuti d’Odio, e quelle speculazioni che potrebbero suggerire atteggiamenti di scetticismo e perfino di ribellione sono uccise, ancor prima di nascere, da quella disciplina interna di cui si è parlato, acquisita nell’infanzia.

Il primo e il più elementare stadio di tale disciplina, e che si può insegnare anche ai fanciulli in età più tenera, si chiama, in neolingua, lo stopreato. Lo stopreato sta a rappresentare, in sostanza, la facoltà di arrestarsi in modo rapido e deciso, e come per istinto, sulla soglia di qualsiasi pensiero pericoloso. Esso include la capacità di non cogliere le analogie, di non riuscire a percepire errori di logica, di equivocare anche sugli argomenti più semplici, ove essi siano incompatibili con il Socing, e soprattutto d’esser presto affaticati e respinti da qualsiasi tentativo di elaborare una dialettica di pensiero che sia suscettibile di condurre in una direzione eretica. Stopreato significa, in sostanza, stupidità protettiva. Ma la stupidità non basta. Al contrario la piena ortodossia richiede un controllo sopra la propria capacità induttiva pari a quello che si suppone debba avere un contorsionista sul suo corpo.

La società dell’Oceania poggia, in definitiva, sulla fede che il Gran Fratello è onnipotente e che il Partito è infallibile. Ma poiché in realtà il Gran Fratello non è onnipotente, e il Partito non è infallibile, si rende necessaria una instancabile capacità d’adattamento nell’interpretazione dei fatti che vanno aggiornati di continuo. La parola chiave, per codesta facoltà, è nerobianco. Come molte altre in neolingua, anche questa ha due significati contrari. Riferita a un oppositore, definisce, appunto, l’abito di pretendere impunemente che il nero sia bianco o viceversa, in aperta contraddizione con i fatti. Riferita invece a un membro del Partito, sta ad esprimere la volenterosa lealtà di dire che il bianco è in realtà nero tutte le volte che lo richieda la disciplina di Partito. Ma esprime anche la particolare abilità che consiste nel credere che il nero sia bianco o meglio addirittura di sapere che il nero è bianco, e di dimenticare d’aver mai creduto il contrario. Ciò richiede una continua trasformazione e alterazione del passato, resa possibile mediante il sistema filosofico che in realtà comprende tutti gli altri, e che è conosciute in neolingua come bispensiero.

L’alterazione del passato si rende necessaria per due ragioni, una delle quali è sussidiaria e, per così dire, precauzionale. La ragione sussidiaria è che un membro del Partito, così come un prolet, sopporta le condizioni presenti, in gran parte, solo perché non possiede alcun mezzo per confrontarle con quelle di un’altra epoca. Esso deve restare tagliato fuori dal passato, così come deve restar tagliato fuori dai paesi nemici, perché è necessario ch’egli creda d’essere migliore dei suoi antenati e che il livello medio delle condizioni materiali vada aumentando sempre più. Ma la ragione di gran lunga più importante per il continuo aggiornamento del passato è costituita dal bisogno di salvaguardare l’infallibilità del Partito.

Non si tratta solo di aggiornare discorsi, statistiche e documenti d’ogni genere con diligente costanza, in modo da poter dimostrare, ad ogni momento, che le previsioni e le predicazioni del Partito erano esatte e illuminate: si tratta soprattutto di stabilire che nessun mutamento dottrinario ovvero nello schieramento politico può mai essere ammesso. Poiché mutar parere, così come mutar la linea politica, costituisce una confessione di debolezza. Se, per esempio, l’Eurasia, o l’Estasia (non importa quale delle due), è il nemico d’oggi, allora bisogna decidere che essa è stata il nemico di sempre. E se i fatti invece dicono il contrario, allora bisogna alterare i fatti. Così la storia si riscrive di continuo.

Questa quotidiana falsificazione del passato, intrapresa e condotta dal Ministero della Verità, è necessaria alla stabilità del regime né più né meno quanto lo è l’opera di repressione e di spionaggio condotta dal Ministero dell’Amore. La mutabilità del passato è il dogma centrale del Socing. Si ritiene infatti che gli avvenimenti del passato non abbiano alcuna realtà obbiettiva ma che sopravvivano solamente in documenti scritti ovvero nella memoria degli uomini. Il passato è tutto ciò sul quale da un lato i documenti e dall’altro la memoria sono d’accordo. E dal momento che il Partito ha il controllo totale di tutti i documenti, così come quello, del pari totale, delle menti dei suoi membri, ne consegue che il passato è quello che il Partito decide che sia. Ne consegue inoltre che, sebbene il passato sia mutevole, esso non è mai stato mutato in un caso specifico. Poiché, non appena è stato ricreato in quella forma che si è resa necessaria in un determinato momento, da allora questa nuova versione è il passato, e non può essere mai esistito alcun passato in contrasto con essa. Ciò vale anche quando, come succede spesso, lo stesso avvenimento viene trasformato più e più volte, fino a diventare del tutto irriconoscibile, pur nel corso di un solo anno.

In ogni momento il Partito è in possesso della verità assoluta, ed è chiaro che l’assoluto non può mai essere stato diverso da ciò che è al momento presente. Si vedrà che il controllo del passato dipende soprattutto da una sorta di educazione della memoria. Verificare che tutti i documenti scritti concordino con l’ortodossia del momento non costituisce che un atto automatico dell’intelligenza. Ma è anche necessario, nello stesso tempo, ricordare che i fatti avvennero in quella determinata maniera. E se è necessario rimettere a posto la propria memoria, e raggiustarla con documenti scritti, è necessario che poi ci si dimentichi di averlo fatto.

Il procedimento per arrivare a ciò può essere appreso allo stesso modo con cui si apprende qualsiasi altro tipo di tecnica mentale. Esso è appreso dalla maggioranza dei membri del Partito, e certamente da tutti coloro che sono, insieme, intelligenti e ortodossi. In archelingua tale procedimento si chiamava, con frase onesta, «controllo della realtà». In neolingua si chiama bispensiero; sebbene il concetto di bispensiero comprenda un’infinità di altre cose. Bispensiero sta a significare la capacità di condividere simultaneamente due opinioni palesemente contraddittorie e di accettarle entrambe.

L’intellettuale di Partito sa in quale direzione i suoi ricordi debbono essere alterati: sa quindi perfettamente che sottopone la realtà a un processo di aggiustamento; ma mediante l’esercizio del bispensiero riesce nel contempo a persuadere se stesso che la realtà non è violata. Il procedimento ha da essere conscio, altrimenti non riuscirebbe a essere condotto a termine con sufficiente precisione, ma deve anche essere inconscio poiché altrimenti non saprebbe andar disgiunto da un senso vago di menzogna e quindi di colpa.

Il bispensiero giace proprio nel cuore del sistema cosiddetto Socing, dal momento che l’atto essenziale del Partito consiste nell’usare un inganno cosciente e nello stesso tempo mantenere una fermezza di proposito che s’allinea con una totale onestà. Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l’esistenza della realtà obbiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata… tutto ciò è indispensabile, in modo assoluto.

Persino nell’usare la parola stessa bispensiero occorre mettere in opera il bispensiero stesso, poiché usando la parola si ammette implicitamente che si sta adattando una realtà; con un primo, ingenuo atto di bispensiero tale ammissione viene soppressa, e così all’infinito, con una menzogna che si preoccupa sempre d’arrivar prima della verità. Insomma, è proprio mediante il bispensiero che il Partito è stato capace (e può continuare ad esserlo, per quanto ne sappiamo, per migliaia d’anni) di arrestare il corso della storia.

Tutte le passate oligarchie hanno dovuto rinunziare al potere o perché si sono irrigidite, o perché si sono addolcite. Sia che divenissero, insomma, troppo sciocche o troppo arroganti, non furono capaci di adattar se stesse alle circostanze, e vennero rovesciate: se invece diventarono liberali e per debolezza fecero delle concessioni allorché avrebbero, invece, dovuto usare la forza, furono rovesciate anche allora. Vale a dire che esse caddero sia per la consapevolezza della propria natura sia per la non consapevolezza di essa. È appunto opera del Partito l’aver prodotto un sistema filosofico nel quale entrambe le condizioni possono esistere simultaneamente. Ed infatti non si può pensare ad altro fondamento sul quale il dominio del Partito avrebbe potuto raggiungere appunto quel suo carattere di permanenza. Se si vuol comandare e persistere nell’azione di comando, bisogna anche essere capaci di manovrare e dirigere il 78 senso della realtà. Poiché il segreto del comando consiste, per l’appunto, nel combinare, fra loro, da un lato la fede nella propria infallibilità e dall’altro la capacità di apprendere da passati errori. Va da sé che i più raffinati adepti del sistema che si rifa al bispensiero sono poi proprio coloro che hanno inventato il bispensiero e che lo conoscono come un potente sistema per ingannare la mente.

Nella nostra società, coloro che sanno meglio quel che sta succedendo sono quegli stessi che meno riescono a vedere il mondo così com’è. In generale, più è profonda la comprensione di un dato soggetto, e più profonda è anche la delusione che ne segue: più si è intelligenti, meno si è sani di mente. Un chiaro esempio di ciò si trova nel fatto che l’isterismo guerriero cresce d’intensità man mano che uno sale nella scala sociale.

L’atteggiamento verso la guerra si avvicina di più a essere razionale proprio presso le popolazioni soggette dei territori disputati. Per costoro la guerra è soltanto una continua calamità che passa e ripassa sui loro corpi, incessantemente, come un’onda di terremoto. Quale sia la parte vincente costituisce, per essi, un argomento di totale indifferenza: infatti sanno benissimo che il mutamento di governo significherà soltanto che essi dovranno compiere l’identico lavoro che compivano prima, per i nuovi padroni, i quali li tratteranno nell’identico modo con cui li trattavano gli antichi. Quei lavoratori, in certo modo più favoriti, che noi chiamiamo prolet sono solo di tanto in tanto coscienti del fenomeno guerra. Allorché si rende necessario è anche possibile precipitarli in una sorta di frenesia d’odio o di terrore, ma, ove siano invece lasciati a se stessi, sono capaci anche di dimenticare, per lunghi periodi, che una guerra è in corso.

È nelle file del Partito e soprattutto del Partito Interno, che si può trovare un autentico entusiasmo guerriero. La conquista del mondo è tenuta per un atto di fede incrollabile proprio da coloro che sono perfettamente a parte del fatto che essa è, per contro, del tutto impossibile. Questa particolare tendenza ad accoppiar fra loro gli opposti (la conoscenza con l’ignoranza, il cinismo con il fanatismo) è una delle caratteristiche più spiccate della società dell’Oceania. L’ideologia ufficiale abbonda di contraddizioni anche quando non c’è propriamente alcuna ragione pratica perché esse vengano mantenute. Cosi, ad esempio, il Partito rigetta e mortifica ogni principio difeso originariamente dal vecchio Partito Socialista e pretende di farlo appunto in nome del Socialismo. Predica un disprezzo per le classi lavoratrici che non trova un solo esempio nei secoli passati, e nello stesso tempo fa vestire i suoi membri d’una uniforme che fu propria, appunto, ai lavoratori manuali, e che fu adottata, soprattutto, per venire incontro ai loro bisogni. Mina e corrompe sistematicamente il sentimento di solidarietà della famiglia e chiama nello stesso tempo il suo capo con un nome che è, invece, un diretto appello al sentimento di lealtà familiare.

Persino i nomi dei quattro Ministeri dai quali siamo governati mostrano una sorta di deliberata impudenza nel rovesciare la verità dei fatti che presiedono. Il Ministero della Pace si occupa della guerra, il ministero della Verità, della menzogna, il Ministero dell’Amore, delle torture, e il Ministero dell’Abbondanza, infine, della carestia. Codeste contraddizioni non sono accidentali né sono il risultato di una volgare ipocrisia: esse sono, invece, deliberati esercizi di bispensiero. Poiché solo conciliando tra loro le contraddizioni il potere si può tenere in pugno indefinitamente. Non c’è altro modo per cui il vecchio ciclo possa venire interrotto. Se l’eguaglianza umana ha da andar distrutta per sempre (se gli Alti, come li abbiamo chiamati, debbono mantenere per sempre il loro posto) ne consegue che le condizioni mentali su cui deve poggiar la regola hanno da esser qualcosa che chiameremo controllata pazzia.

I principi della Neolingua

La Neolingua era la lingua ufficiale in Oceania ed era stata inventata per venire incontro alle necessità ideologiche del Socing, o Socialismo Inglese. Nell’anno 1984 non c’era ancora nessuno che usasse la Neolingua come unico mezzo di comunicazione, sia a voce che per iscritto. Gli articoli di fondo del giornale erano scritti in Neolingua, ma essi costituivano un tour de force che poteva essere compiuto soltanto da uno specialista. Ci si riprometteva che la Neolingua sostituisse infine l’Archelingua (ovvero l’inglese comune, come si potrebbe anche chiamare) press’a poco attorno all’anno 2050. Nel frattempo, tuttavia, essa guadagnava costantemente terreno, dal momento che tutti i membri del Partito tendevano sempre più a usare parole e costrutti grammaticali in Neolingua, nei discorsi giornalieri.

Il sistema in uso nel 1984, e incorporato nella decima edizione del Dizionario della Neolingua, era del tutto provvisorio e conteneva molte parole superflue e forme arcaiche che sarebbero state soppresse a tempo debito. La nota presente considera, pertanto, solo il sistema finale, e ulteriormente perfezionato, quale si trova incorporato nell’undicesima edizione del suddetto Dizionario.

Fine della Neolingua non era soltanto quello di fornire un mezzo di espressione per la concezione del mondo e per le abitudini mentali proprie ai seguaci del Socing, ma soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. Era sottinteso come, una volta che la Neolingua fosse stata definitivamente adottata, e l’Archelingua, per contro, dimenticata, un pensiero eretico (e cioè un pensiero in contrasto con i principi del Socing) sarebbe stato letteralmente impensabile, per quanto almeno il pensiero dipende dalle parole con cui è suscettibile di essere espresso.

Il suo lessico era costituito in modo tale da fornire espressione esatta e spesso assai sottile a ogni significato che un membro del Partito potesse desiderare propriamente di intendere. Ma escludeva, nel contempo, tutti gli altri possibili significati, così come la possibilità di arrivarvi con metodi indiretti. Ciò era stato ottenuto in parte mediante l’invenzione di nuove parole, ma soprattutto mediante la soppressione di parole indesiderabili e l’eliminazione di quei significati eterodossi che potevano essere restati e, per quanto era possibile, dei significati in qualunque modo secondari. Daremo un unico esempio.

La parola libero esisteva ancora in Neolingua, ma poteva essere usata solo in frasi come “Questo cane è libero da pulci” ovvero “Questo campo è libero da erbacce”. Ma non poteva essere usata nell’antico significato di “politicamente libero” o “intellettualmente libero” dal momento che la libertà politica e intellettuale non esisteva più, nemmeno come concetto, ed era quindi, di necessità, priva di una parola per esprimerla. Ma, a parte la soppressione di parole di carattere palesemente eretico, la riduzione del vocabolario era considerata fine a se stessa, e di nessuna parola di cui si potesse fare a meno era ulteriormente tollerata l’esistenza. La Neolingua era intesa non a estendere, ma a diminuire le possibilità del pensiero; si veniva incontro a questo fine appunto, indirettamente, col ridurre al minimo la scelta delle parole. La Neolingua era fondata sul ceppo della lingua(*) quale noi la conosciamo, sebbene numerose frasi in Neolingua, pur se non contengano parole di nuovo conio, sarebbero scarsamente intelligibili per chi parla la lingua d’oggigiorno.

(*)

Il testo reca, naturalmente, l’espressione “the English language” e cioè la “lingua inglese”. Ma nel voltare in italiano questa appendice, perché non ne vada perduto completamente il senso, si finge, per assurdo, che la (Newspeak) che si parla in Oceania nel 2050 sia invece la lingua italiana. Cosi, tutte le volte che si accennerà a un giornale, il testo originale dell’Orwell reca, in realtà, il titolo di esso, e cioè il Times. Data la diversità tra la struttura della lingua inglese e quella italiana, la versione deve, inoltre, rinunciare ad alcune invenzioni che non avrebbero senso nella nostra lingua e sostituirle con altre analoghe ovvero, per qualche volta, rinunciarvi del tutto. Per chi voglia penetrare fino in fondo il significato di questo saggio linguistico-social-economico-morale dell’Orwell, che è tra i più brillanti capitoli del libro, si consiglia di ricercare l’originale, dal momento che la versione italiana, per il fatto stesso dì essere una versione, deve contentarsi di dare, tutt’al più, un ragguaglio dei problemi, e un cenno delle so proposte. (N.d.T.)

 

Le parole in Neolingua erano divise in tre classi distinte, che prendevano il nome di Vocabolario “A”, Vocabolario “B” (detto anche delle parole composte), e infine Vocabolario “C”. Sarà più semplice esaminare ciascuna classe per conto proprio, ma le particolarità riguardanti l’applicazione delle regole grammaticali verranno trattate nella sezione dedicata al Vocabolario “A”, dal momento che le medesmie regole sono in vigore per tutte e tre le sezioni.

Vocabolario A.

Il vocabolario A consisteva nelle parole in uso per il disbrigo degli affari giornalieri, per operazioni come mangiare, bere, lavorare, vestirsi, salire le scale, guidare veicoli, fare giardinaggio, cucinare e simili. Era composto quasi interamente di parole che noi possediamo già (parole come battere, correre, cane, albero, zucchero, casa, campo) ma, a paragone con il vocabolario attuale, il loro numero era estremamente ridotto, mentre i loro significati erano assai più rigidamente definiti.

Tutte le ambiguità e sfumature di significato erano state completamente eliminate. Nei limiti del possibile, una parola in Neolingua appartenente a questa classe era semplicemente una specie di suono staccato che esprimeva una sola idea chiaramente intesa. Sarebbe stato del tutto impossibile usare il Vocabolario per scopi letterari, ovvero per discussioni politiche o filosofiche. Era destinato soltanto a esprimere pensieri semplici e definiti, che chiamassero in causa oggetti concreti e azioni materiali.

La grammatica della Neolingua aveva due principali caratteristiche. La prima era una quasi completa intercambiabilità tra le parti del discorso. Ogni parola della lingua (e per principio ciò si applicava anche a parole del tatto astratte come se ovvero quando) poteva essere usata sia come verbo, sia come nome o come aggettivo o avverbio. Tra forme verbali o nominali, quando appartenevano alla stessa radice, non sussisteva alcuna variazione, e questa regola era quella che determinava la scomparsa di non poche forme arcaiche. La parola pensiero, per esempio, non esisteva da sola e in questa forma, in Neolingua. Il suo posto era stato preso dalla parola pensare, che serviva sia per il nome che per il verbo.

Non era seguito alcun principio etimologico: in taluni casi era il nome originale che veniva mantenuto, in altri era il verbo. Anche quando un verbo o un nome di significato analogo non erano connessi tra loro etimologicamente, l’uno o l’altro dei due era frequentemente soppresso. Non c’erano, per esempio, parole come taglio, dal momento che il suo significato era espresso a sufficienza dal nome coltello. Gli aggettivi erano formati mediante l’aggiunta del suffisso evole al nome-verbo, e gli avverbi mediante l’aggiunta del suffisso mente. Così, per esempio, velocitevole, significava “rapido” e velocitamente significava “rapidamente”.

Taluni degli aggettivi odierni come buono, forte, grande, nero, molle, erano mantenuti, ma il loro numero era alquanto basso. C’era infatti scarso bisogno di essi, dal momento che qualsiasi significato aggettivale poteva essere facilmente ottenuto aggiungendo l’evole al nome-verbo. Non era mantenuto nessuno degli avverbi attuali, se si eccettuano quelli che già finiscono in mente: la terminazione mente era invariabile. La parola bene, per esempio, era stata sostituita con buonamente. Oltre a ciò, ogni parola (e questo, per principio, riguardava ogni parola che esistesse nella lingua) si sarebbe potuta rendere negativa aggiungendo l’affisso s, ovvero poteva essere rafforzata con l’affisso plus, o, se si fosse voluto ancor più sottolineare il rafforzamento, con bisplus: così, per esempio, sfreddo significava “caldo”, mentre plusfreddo e bisplusfreddosignificavano, rispettivamente, “molto freddo, e “eccezionalmente freddo”.

Era anche possibile, come del resto nella lingua attuale, modificare il significato di quasi tutte le parole con le proposizioni ante, post, sopra, sotto ecc. Con simili metodi si era riusciti a realizzare una enorme diminuzione del vocabolario. Si prenda per esempio la parola buono; non c’era bisogno di adoperare la parola cattivo, dal momento che l’identico significato era espresso egualmente bene (e anzi meglio) dalla parola sbuono. Tutto quel che c’era da fare, semmai, in ogni caso in cui due parole formavano una coppia naturale di opposti, era di decidere quale dei due sopprimere. Buio, per esempio, poteva essere sostituito da sluce, ovvero luce da sbuio, a preferenza.

La seconda caratteristica della grammatica in Neolingua consisteva nella sua regolarità. Con le sole pochissime eccezioni che sono elencate sotto, tutte le coniugazioni seguivano le stesse regole. Cosi, in tutti i verbi, il passato e il participio passato erano gli stessi e finivano in ato. Il passato di dormire era dormato, e quello di correre era corrato, e così via; in tutta la lingua forme come disteso, emerso, inciso, insorto, preteso, ecc, erano state del tutto abolite, per dare luogo a distendato, emergato, incidato: sorgato, pretendato, ecc. Il plurale si faceva sostituendo l’ultima vocale, qualsiasi essa fosse, con “i ” sia che il nome fosse maschile o femminile, per esempio: donna, donni; scopa, scopi; uomo, uomi, ecc. Le sole classi di parole cui era permesso di declinarsi irregolarmente erano i pronomi, gli aggettivi relativi e dimostrativi e i verbi ausiliari.

Tutti questi seguivano le regole antiche, eccetto il pronome il quale, che era stato soppresso come inutile, e la totale eliminazione del condizionale. Si riscontravano inoltre alcune irregolarità nella formazione delle parole, derivate dalla necessità di un fraseggiare rapido e facile. Una parola difficile da pronunziarsi o che avesse corso rischio d’essere fraintesa era ritenuta ipso facto una cattiva parola: di quando in quando, allora, per ragioni di eufonia, talune lettere straordinarie venivano inserite in una nuova parola ovvero venivano ritenute alcune forme arcaiche. Ma tutto ciò va messo in relazione segnatamente con il vocabolario B. Il perché veniva data tanta importanza a ogni facilitazione della pronuncia verrà illustrato, più sotto, in questa stessa nota.

Vocabolario B.

Il vocabolario B consisteva di parole che erano state create deliberatamente per scopi politici, vale a dire parole che avevano non solo, in ogni caso, un significato politico, ma che erano per l’appunto intese a imporre un atteggiamento mentale, in una direzione desiderata, nella persona che ne faceva uso. Senza una profonda conoscenza e comprensione del Socing era piuttosto difficile usare correttamente di queste parole. In certi casi esse venivano tradotte in Archelingua, ovvero con certe parole tolte dal Vocabolario A, ma esse richiedevano, in questi casi, comunque, lunghe e complicate parafrasi, senza contare la perdita di alcune importanti sfumature. Le parole del vocabolario B costituivano una sorta di stenografia verbale, che riusciva spesso a concentrare un intero sistema di idee in poche sillabe, ed era nello stesso tempo più accurata e flessibile che non la lingua ordinaria. Le parole B erano, in ogni caso, parole composte(**).

(**)

Parole composte come, a esempio, matostro (e cioè matita e inchiostro) si trovavano, naturalmente, nel vocabolario A, ma queste erano del tutto prive di qualsiasi significato ideologico. (N. d. A)

 

Consistevano in due o più parole, ovvero porzioni di parole, combinate assieme in una forma che fosse di semplice pronunzia. L’amalgama che ne risultava era sempre un nome-verbo, e si coniugava secondo le regole ordinarie. Per fare un solo esempio, la parola pensabuono, che significava, a un dipresso, “ortodossia” e anche, se si doveva considerare verbo, “pensare in maniera ortodossa”, si fletteva cosi: nome-verbo pensabuono, passato e participio passato pensabuonato; participio presente, pensabuonante, aggettivo (irregolare) pensabenista; avverbio, pensabuonamente.

Le parole B non erano costruite in nessun sistema etimologico. Le parole di cui erano fatte potevano venire da qualsiasi parte del discorso, e avrebbero potuto essere messe in un ordine qualsiasi, ovvero potevano essere amputate in qualsiasi modo che potesse favorirne la pronunzia, mentre mantenevano quelle caratteristiche che potessero suggerire la loro derivazione. Nella parola psicoreato (delitto di pensiero), per esempio, la parola reato veniva dopo, mentre nella parola reasesso (immoralità sessuale), mutilata dell’ultima sillaba, la precedeva. Per la gran difficoltà di raggiungere sempre forme eufoniche, formazioni irregolari erano più frequenti nel Vocabolario B che non in quello A. Per esempio le forme aggettivali di Miniver, Minipax, Minamor, erano, rispettivamente, Miniverista, Minipaxiere, Minamorasta per il semplice fatto che verèvole, paxèvole e amorèvole erano considerati di pronunzia troppo difficile. Come principio generale, tuttavia, tutte le parole del Vocabolario B si declinavano e si coniugavano nel modo usuale.

Alcune delle parole B possedevano significati così sottili e delicati di sfumature che divenivano pressoché inintelligibili per chi non conoscesse la lingua nel suo insieme. Si prenda a esempio la seguente tipica frase che ricorreva spesso in articoli di fondo del giornale:
Archepensèvoli spanciasentire Socing.

Una parafrasi il più possibile abbreviata e che peraltro trascurava non poche sfumature di tale frase può essere resa in Archelingua, così: “Coloro le cui idee furono formate innanzi la Rivoluzione non possono avere una comprensione emotiva dei principi del socialismo inglese”. Ma questo, come s’è detto, non rappresenta una traduzione adeguata. Tanto per cominciare, per capire tutt’intero il significato della frase in Neolingua citata di sopra, si sarebbe dovuta avere un’idea il più possibile chiara e completa di che cosa s’intendeva per Socing. Oltre a ciò, solo una persona che fosse profondamente radicata nella dottrina del Socing avrebbe potuto apprezzare la forza di una parola come panciasentire, che conteneva un significato di cieca, entusiastica acccttazione, difficile a immaginarsi oggigiorno, e allo stesso modo anche quella d’una parola come archepensare, che era strettamente connessa con l’idea della malvagità e della decadenza.

La speciale funzione di talune parole in Neolingua come, per esempio, archepensare, non consisteva tanto nell’esprimere significati, quanto nel distruggerli. Codeste parole, che erano necessariamente in numero limitato, avevano avuta, i loro significati allargati tino a includere in se medesimi intere batterie di parole che, essendo state sufficientemente ricoperte da un unico termine comprensivo di esse tutte, potevano essere cancellate e dimenticate.

La più grande difficoltà cui andavano incontro coloro che compilavano il Dizionario della Neolingua non consisteva tanto nell’inventare le nuove parole quanto nel rendersi perfettamente conto di quel che volevano dire, di renderei conto, cioè, quali sistemi di parole e di frasi esse venivano a sopprimere con la loro esistenza. Come abbiamo già veduto nel caso della parola lìbero, parole che un tempo avevano avuto un significato eretico venivano pur mantenute, talvolta, per via della convenienza, ma il significato sfavorevole era come purgato. Innumerevoli altre parole, come onore, giustizia, morale, internazionalismo, democrazia, scienza e religione avevano semplicemente cessato del tutto di esistere.

Poche parole avevano la funzione di ricoprirle, e ricoprendole le abolivano. Tutte le parole che si raggruppavano attorno ai concetti di libertà e di eguaglianza, per esempio, erano contenute nella semplice parola psicoreato, mentre tutte le parole che si raggruppavano attorno ai concetti di obbiettività e razionalismo erano contenute nell’unica parola archepensare. Una precisione maggiore sarebbe stata pericolosa; ciò che si richiedeva in un membro del Partito era un atteggiamento simile a quello degli antichi ebrei che sapevano, senza peraltro conoscere gran che oltre a quel fatto, che tutte le altre nazioni diverse dalla loro adoravano “falsi dei”.

Non era necessario sapere che quegli dei si chiamavano Baal, Osiride, Moloch, Astaroth e simili: probabilmente, meno cose si conoscevano attorno a essi, tanto più l’ortodossia ci avrebbe guadagnato. Si conoscevano Geova e i comandamenti di Geova: e si sapeva quindi, che tutti gli dei che portavano nomi diversi, o diversi attributi, erano falsi. In modo pressoché analogo, un membro del Partito sapeva quel che costituiva la condotta giusta, e in certi termini estremamente vaghi e generali egli sapeva quali generi di traviamenti erano possibili da essa.

La sua vita sessuale, per esempio, era interamente regolata dalle due parole in Neolingua reasesso (e cioè immoralità sessuale) e sesbuono (castità). Reasesso copriva tutti i significati negativi: la fornicazione, l’adulterio, la pederastia e altre perversioni, e oltre al resto, naturalmente, i normali rapporti sessuali fra uomo e donna, fine a se stessi. Non c’era bisogno di enumerarli separatamente, poiché essi erano colpevoli tutti nello stesso modo e, per principio, tutti erano punibili con la morte. Nel vocabolario C, che consisteva in parole scientifiche e tecniche, avrebbe potuto essere necessario dare definizioni specializzate di talune aberrazioni sessuali, ma i cittadini ordinari non avevano bisogno di quelle parole.

Essi sapevano quel che s’intendeva per sesbuono, e cioè rapporti sessuali tra marito e moglie al solo scopo di procreare la prole, e senza alcun piacere fisico da parte della donna: tutto il resto era reasesso. In Neolingua era assai raramente possibile seguire un pensiero eretico al di là della pura e semplice percezione, appunto perché esso era eretico: oltre quel punto, le parole che sarebbero state necessarie non esistevano. Nessuna parola del vocabolario B era ideologicamente neutra. Gran parte erano eufemismi. Parole, a esempio, come svagocampo (campo per lavori forzati) o Minipax (Ministero della Pace, e cioè Ministero della Guerra) significavano quasi esattamente l’opposto di quel che parevano, in un primo momento.

Talune parole, d’altra parte, manifestavano una schietta e spregiativa comprensione della vera natura della società dell’Oceania. Un esempio era la parola prolenutro, che stava a significare tutti gli intrattenimenti da pochi soldi e le notizie di varietà che il Partito teneva in serbo per le masse. Altre parole ancora erano ambivalenti e avevano significato positivo ove fossero applicate al Partito e ai suoi membri, e significato negativo ove fossero applicate, invece, ai loro nemici. C’erano inoltre parole in gran numero che, a prima vista, sembravano abbreviazioni pure e semplici e che derivavano il loro colore ideologico non dal loro significato ma dalla loro struttura. Per quanto si poteva, tutto quel che aveva o che poteva avere un significato politico, di qualsiasi genere, veniva sistemato nel Vocabolario B.

I nomi di tutte le organizzazioni, gruppi di popolazioni, dottrine, paesi, istituzioni, edifici pubblici, ecc. era invariabilmente ridotto a una forma semplice e familiare; vale a dire una sola parola di pronunzia facile, e col minor numero possibile di sillabe, che potesse preservare il colore della sua derivazione originale. Nel Ministero della Verità, per esempio, l’Archivio, in cui lavorava Winston Smith, si chiamava Arvo, il Reparto Amena si chiamava Ream e il Reparto dei Tele-programmi si chiamava il Telerep. Tutto ciò, non era stato però escogitato col. solo intento di risparmiare tempo. Anche nelle prime decadi del ventesimo secolo, le frasi e le parole abbreviate erano state una delle caratteristiche principali del linguaggio politico.

E fu anche notato che la tendenza a usare le abbreviazioni era particolarmente sentita nei paesi a regime totalitario e nelle organizzazioni totalitariste. Si possono prendere, a esempio, parole come Nazi, Gestapo, Comintern, Inprecorr, Agitprop. In principio codesta pratica fu adottata spontaneamente, d’i- 110 stinto, ma nella Neolingua essa fu sfruttata deliberatamente. Era stato notato infatti che, abbreviando un nome, si restringeva e si alterava con sottigliezza anche il suo significato, e se ne tagliavano fuori e abolivano tutte quelle idee accessorie che potevano restarvi apprese.

Le parole Internazionale Comunista, per esempio, richiamavano un quadro composto di una universale fratellanza umana, bandiere rosse, barricate, Carlo Marx e la Comune di Parigi. La parola Comintern, invece, suggerisce soltanto l’idea d’una organizzazione ordinata e un ben definito corpo di dottrine. Si riferisce, insamma, a qualche cosa che si può facilmente identificare, e limitato, nei suoi scopi, come appunto una sedia o una tavola. Comintern è una parola che si può pronunciare quasi senza corredarla d’una immagine, mentre Internazionale Comunista è una frase su cui si è obbligati a indugiare, se anche per un breve momento. Nello stesso modo, le associazioni di idee create con parole come Miniver sono in numero minore e più facilmente controllabili che non quelle richiamate dal Ministero della Verità.

Questa era la ragione che aveva determinato l’abitudine non solo di abbreviare le parole tutte le volte che fosse stato possibile, ma anche di preoccuparsi al massimo perche ogni parola fosse di facile pronunzia. In Neolingua l’eufonia superava ogni considerazione che non riguardasse, naturalmente, l’esattezza del significato. La regolarità della grammatica le era sempre sacrificata tutte le volte che fosse sembrato necessario. E ciò era giusto, dal momento che i fini politici richiedevano in modo particolare parole brevi e scattanti, di significato esattissimo, e che potessero essere pronunziate rapidamente e soprattutto che ridestassero il minimo possibile di echi nella mente di chi parlava (come anche di chi ascoltava). Le parole del Vocabolario B guadagnavano di forza anche per il fatto che la maggior parte erano assai simili tra loro. Quasi invariabilmente, tali parole (pensabuono, Minipax, prolenutro, reasesso, svagocampo, Socing, ecc.) erano costituite da poche sillabe e si prestavano a un tipo di discorso saltellante e monotono. E ciò era esattamente quel che si trovava in fondo agli scopi della Neolingua.

L’intenzione era infatti di rendere il discorso, e specialmente il discorso su qualsiasi argomento che non fosse ideologicamente neutrale, indipendente il più possibile da una corrente di pensiero operante. Per gli scopi della vita quotidiana era senza dubbio necessario, almeno in certi casi, riflettere prima di parlare, ma un membro del Partito, richiesto di emettere un giudizio etico o politico, sarebbe stato capace di esprimere opinioni corrette in modo automatico così come un facile mitragliatore una scarica di pallottole. La sua educazione lo inquadrava, la lingua gli dava uno strumento garantito, e la tessitura delle parole, con i loro suoni aspri e una certa deliberata sgradevolezza che era in perfetto accordo con lo spirito del Socing, assisteva il processo fino in fondo. E analogamente operava il fatto d’aver tanto poche parole da scegliere.

Relativamente al nostro, il vocabolario della Neolingua era assai sottile, e ci si adoperava di continuo a trovare il mezzo di ridurlo ulteriormente. La Neolingua, i fatti, era distinta da quasi tutte le altre lingue dal fatto che il suo vocabolario diventava ogni giorno più sottile invece di diventare più spesso. Ogni riduzione rappresentava una conquista, perché più piccolo era il campo della scelta e più limitata era la tentazione di lasciar spaziare il proprio pensiero. Si sperava, da ultimo, di far articolare il discorso nella stessa laringe, senza che si dovessero chiamare in causa i centri del cervello.

Questo progetto era chiaramente ammesso nella parola in Neolingua ocolingo, che significava “parlare come un’oca”; come molte altre parole del vocabolario B, ocolingo aveva un significato ambivalente. Se le opinioni erano ortodosse, voleva tributare lode, e se il giornale avesse detto che uno degli oratori del Partito era un bisplusbuono ocolinghèvole significava infatti tributargli un complimento affettuoso e lusinghiero.

Vocabolario C.

Il vocabolario C costituiva un supplemento degli altri e consisteva quasi interamente di termini scientifici e tecnici. Questi rassomigliavano ai termini scientifici in uso oggigiorno, ed erano costruiti con le medesime radici, ma si aveva cura di definire in modo preciso i significati e togliere loro tutti quelli, invece, che fossero indesiderabili. Seguivano le stesse regole grammaticali che valevano per le parole degli altri due vocabolari. Pochissime parole del vocabolario C erano d’uso corrente nei discorsi quotidiani, ovvero in quelli di carattere politico.

Qualsiasi operaio specializzato o tecnico avrebbe potuto trovare tutte le parole che gli erano necessarie nella lista dedicata alla sua specializzazione, ma dava di rado più che una fuggevole occhiata alle parole che componevano le altre liste. Solo pochissime parole erano comuni a tutte le liste, e non c’era alcun vocabolario che esprimesse la funzione della Scienza come abito mentale, ovvero un modo di pensiero che non fosse invece interessato esclusivamente alle sue specialità. Non c’era infatti alcuna parola per “Scienza”, poiché tutti i significati che avrebbe potuto avere erano già a sufficienza espressi nella parola Socing.

Dai cenni di sopra si comprenderà che in Neolingua l’espressione di opinioni eterodosse al disopra di un bassissimo livello era praticamente impossibile. Era naturalmente possibile dire invece eresie di specie molto cruda e violenta, una sorta di bestemmie, insomma. Sarebbe stato possibile, per esempio, dire Il Gran Fratello è sbuono. Ma questa proposizione, che a un orecchio ortodosso sarebbe suonata come una assurdità palese di per se stessa, non avrebbe potuto essere appoggiata da alcuna dimostrazione, dal momento che le parole necessarie a quello scopo non c’erano più.

Le idee contrarie al Socing si potevano rivestire di una vaga forma priva di parole, e si solevano definire in certi larghissimi termini che si potevano classificare insieme e che condannavano interi gruppi di eresie senza peraltro, così facendo, riuscire a definirsi. Si poteva, infitti, usare la Neolingua per scopi eterodossi solo traducendo, illegittimamente, alcune parole in Archelingua.

Per esempio Tutti gli uomini sono eguali era una frase possibile in Neolingua, ma solo nel senso che la frase tutti gli uomini hanno i capelli rossi ha in Archelingua. Non conteneva nessun grammaticale, ma esprimeva una palpabile sverità… e cioè che tuta gli uomini siano di eguale formato, altezza, peso e forza, ecc. Il concotto di eguaglianza politica non esisteva più e quel significato secondario era stato infatti purgato dalla parola eguale. Nel 1984, quando l’Archelingua era ancora il mezzo normale di comunicazione, esisteva il pericolo teorico che, pure usando parole in Neolingua, ci si potesse ricordare del loro significato originario.

In pratica non era difficile, per qualsiasi persona che avesse una solida esperienza di bispensiero, evitare quel pericolo, ma nello spazio di due generazioni anche soltanto 111 la possibilità di quel pericolo sarebbe del tutto scomparsa. Una persona cresciuta con la Neolingua come sua sola lingua non avrebbe mai saputo che eguale aveva avuto un tempo anche il significato secondario di “eguale politicamente”, e che la parola libero aveva avuto quello di “intellettualmente libero”, così come una persona che non conosca affatto la tecnica del gioco degli scacchi non può essere a parte dei significati secondari delle parole regina o torre. Molti delitti ed errori si sarebbero trovati oltre la possibilità d’essere commessi, solo per il fatto che non avevano un nome e quindi non erano concepibili. E si sarebbe anche potuto prevedere che, con il passare del tempo, le caratteristiche distintive della Neolingua si sarebbero pronunciate sempre di più, le sue parole sarebbero diminuite vieppiù, i loro significati sarebbero diventati sempre più rigidi, e la possibilità di usarli a sproposito si sarebbe ridotta al minimo.

Il giorno che l’Archelingua fosse stata sostituita una volta per tutte dalla Neolingua, si sarebbe infranto l’ultimo legame con il passato. La Storia era già stata riscritta, ma frammenti di letteratura del passato sopravvivevano qua e là, ancora imperfettamente censurati; fino a quando fosse stato possibile conservare rudimenti di Archelingua, sarebbe pur sempre stato possibile leggerli. Nel futuro, tali frammenti, anche se avessero avuto la possibilità di sopravvivere, sarebbero stati inintelligibili e intraducibili. Non si poteva, infitti, tradurre qualsiasi proposizione in Archelingua in una corrispondente di Neolingua, a meno che essa non si riferisse a un qualche procedimento tecnico, ovvero a una azione giornaliera delle più semplici e ovvie, o fosse, a ogni modo, perfettamente ortodossa (pensabenista, in Neolingua) nelle tendenze che tradiva. Ciò significava, in pratica, che nessun libro scritto a un dipresso prima del 1960 si sarebbe potuto tradurre per intero.

La letteratura pre-rivoluzionaria si sarebbe potuta soltanto sottoporre a un processo di traduzione ideologica, vale a dire a un’alterazione così nel senso come nella lingua. Si prenda per esempio, il ben noto passo della Dichiarazione d’Indipendenza:

Noi riteniamo che queste verità siano evidenti di per se stesse, che cioè tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro creatore di certi inalienabili diritti, e che tra questi c’è la vita, la libertà e la ricerca per il raggiungimento della felicità. Che per assicurare tutti i diritti, i governi vengono istituiti fra tutti gli uomini, e derivano i loro poteri dal consenso dei governati. Che in qualsiasi caso in cui una qualsiasi forma di Governo divenga micidiale per questi fini, è nel diritto del popolo di alterarla o di abolirla, e di istituire un nuovo Governo…

Sarebbe stato assolutamente impossibile rendere tutto questo in Neolingua, rispettando il senso dell’originale. L’approssimazione maggiore cui si poteva giungere, sarebbe stato d’inghiottire tutto il passato nell’unica parola psicoreato. Una traduzione completa e analitica avrebbe potuto essere soltanto una traduzione ideologica, nella quale le parole di Jefferson sarebbero state trasformate in un panegirico dello Stato assoluto. Gran parte, infatti, della letteratura del passato era già stata trasformata in questo modo.

Considerazioni di prestigio facevano ritenere opportuno, e anzi in certi casi desiderabile, conservare la memoria di alcune figure storiche, mentre si badava, naturalmente, di mettere al corrente le loro opere con la filosofia del Socing. Numerosi scrittori come, per esempio, Shakespeare, Milton, Swift, Byron, Dickens e qualche altro stavano ancora subendo il trattamento della traduzione ideologica. Una volta che tale lavoro fosse stato completato, i loro scritti originali, assieme a tutto ciò che sopravviveva della letteratura del passato, sarebbero stati distrutti. Codeste traduzioni erano un lavoro piuttosto lento e difficile, e non ci s’aspettava che fossero terminate innanzi la prima o la seconda decade del secolo ventesimoprimo. C’era anche una quantità enorme di letteratura puramente utilitaria (indispensabili manuali tecnici e simili) che doveva essere sottoposta allo stesso trattamento. Fu soprattutto per concedere un po’ più di respiro al lavoro preliminare di traduzione, che l’adozione finale della Neolingua era stata fissata a una data così lontana come il 2050.

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