I bonobo: sesso secondo natura

La sposa fedele, particolare Alberto Savinio, 1931

La sposa fedele, particolare – Alberto Savinio, 1931

Questa specie strana e di grande successo passa gran parte del tempo a esaminare le proprie motivazioni più alte, e un tempo altrettanto lungo a ignorare quelle basilari. È fiera di avere il cervello più grande di tutti i primati, ma cerca di nascondere che ha anche il pene più grande.
Desmond Morris

… nell’affinità con i nostri parenti spensierati, divertenti e illetterati, i nostri deliziosi cugini bonobo. Che la vita sia ringraziata per loro.
Alice Walker

II guardiano di uno zoo abituato a lavorare con gli scimpanzè fu presentato ai bonobo e accettò un bacio da uno dei suoi nuovi amici primati. Tra gli scimpanzè, un bacio ha natura amichevole, piuttosto che sessuale. Come rimase sconcertato quando si ritrovò in bocca la lingua del bonobo!
Il bacio con la lingua – un tipo di bacio di cui l’inglese da la colpa alla lingua francese – è un atto di fiducia totale: la lingua è uno dei nostri organi più sensibili e la bocca è la cavità del corpo che può arrecarle il dolore più immediato. L’atto ci consente di gustare un altro.

Ma allo stesso tempo di scambiarci saliva, batteri, virus e cibo. Sì, cibo. Ai nostri giorni, vengono in mente gli adolescenti che si scambiano la gomma, ma il bacio in bocca pare aver origine dalla poppata del neonato al seno materno. E le mamme, tra le scimmie antropomorfe, in effetti passano bocconi di cibo masticato ai loro piccoli: dal labbro inferiore sporto in avanti nella bocca aperta del piccolo. È qui naturalmente che entra in scena la lingua.

Il bacio in bocca, il cosiddetto french kiss, è l’atto erotico più riconoscibile, l’atto dei bonobo più simile all’umano. Ogni volta che faccio vedere a una classe di studenti universitari un film sui miei bonobo, cala il silenzio. Sebbene si trovino davanti tutti i tipi di rapporto sessuale, invariabilmente però è un video clip in cui due giovani maschi si baciano con la lingua a suscitare in loro l’impressione più profonda. Anche se non si può mai sapere dove vada a parare, sembra così appassionato, così profondo, con quelle bocche spalancate l’una sull’altra, da cogliere i miei studenti di sorpresa. Non c’è attore di Hollywood che possa uguagliare lo zelo che queste giovani antropomorfe infondono al loro atto. E la cosa da ridere è che i due possono passare senza soluzione di continuità a simulare una lotta o precipitarsi in uno scherzoso inseguimento.

Per i bonobo, il contatto erotico si combina tranquillamente con tutto il resto delle cose che fanno. Possono passare rapidamente dal cibo al sesso, dal sesso al gioco, dal grooming a un bacio e così via. Io stesso, infatti, ho visto delle femmine continuare a raccogliere cibo mentre un maschio le stava montando. I bonobo prendono il sesso seriamente, ma mai con tanta serietà come un’aula di studenti universitari.

Noi umani distinguiamo il sesso dalla nostra vita sociale, o almeno ci proviamo, ma nella società dei bonobo le due cose sono strettamente connesse. Il paradosso dell’uomo è che tutto ciò che le nostre foglie di fico sembrano riuscire a ottenere è un’insaziabile curiosità sessuale.

L’invidia del pene

A volte ho l’impressione che metà dello spam che mi arriva sul computer riguardi l’ingrandimento di una parte del corpo che per la maggior parte del tempo gli uomini tengono nascosta. L’interesse maschile per le dimensioni e il turgore della propria virilità è tanto una vecchia fonte di guadagno per venditori di olio di serpente quanto il bersaglio di innumerevoli storielle. Dagli oggetti di culto dell’antica Grecia e di Roma fino ai simboli fallici che, masticando il suo grosso sigaro, Sigmund Freud vedeva dappertutto, da ormai lungo tempo si sostiene che il pene abbia una mente per conto suo.

Non c’era tanto da sorprendersi che Desmond Morris, quando negli anni Sessanta ci sconvolse con i suoi paralleli arditi tra scimmie con il pelo e scimmie nude, scegliesse di portare l’attenzione sulle dimensioni del pene umano, descrivendo l’uomo come il primate più sessualmente dotato che cammina sul pianeta. Fu una mossa brillante, mirata ad attenuare il colpo che stava sferrando al nostro ego. Se c’è una cosa che gli uomini vogliono sentirsi dire è che sono i campioni nell’unico campo che conta veramente per loro.

All’epoca si sapeva così poco dei bonobo che si può perdonare a Morris il fatto di averci presentati come i campioni in carica del sesso. Ma anche in questo campo non lo siamo. A dire il vero, misurare l’erezione di un maschio antropomorfo eccitato in stato di veglia sarebbe un’impresa, ma certamente i bonobo farebbero apparire la maggior parte degli uomini poco dotati. A maggior ragione se teniamo conto delle dimensioni più ridotte del corpo dei bonobo.

Il pene dei bonobo è comunque più esile e del tutto retrattile, il che rende un’erezione ancor più appariscente, specialmente se il maschio lo sbatacchia rapidamente su e giù, come accade spesso. Forse ancora più notevole della capacità di «sventolare» il pene, è il fatto che i testicoli dei bonobo sono di molte volte superiori per dimensioni a quelli dell’uomo. Questo è altrettanto vero per gli scimpanzè e si pensa sia in rapporto con la quantità di sperma necessaria a fecondare con esito positivo femmine che si accoppiano con vari maschi.

Se gli organi genitali dei maschi bonobo ci colpiscono perché ben sviluppati, tanto più resteremo impressionati da quelli femminili, perché sia nelle scimpanzè sia nelle bonobo sono di un gonfiore spropositato. Non si tratta delle labbra vaginali leggermente gonfie che si vedono, se si guarda attentamente, nelle femmine dei gorilla e degli orangutan. No, sono dei palloni della grandezza di quelli da calcio sul posteriore di una femmina che le consentono di lanciare un segnale di un color rosa acceso a tutti i maschi dei dintorni, facendo loro capire che è pronta a passare all’azione.

Questi rigonfiamenti sono formati dalle labbra e dal clitoride. Il clitoride delle bonobo è più prominente di quanto non lo sia negli umani e negli scimpanzè. Nelle femmine giovani spunta fuori sul davanti come un mignolo, mentre in età più avanzata il clitoride è nascosto dal gonfiore del tessuto circostante. Tenuto conto di questo tipo di anatomia, non stupisce che le femmine dei bonobo prediligano avere rapporti sessuali in posizione frontale. Purtroppo per loro, i maschi sembrano piuttosto preferire il modello più antico di accoppiamento da tergo. Le femmine dei bonobo spesso invitano i maschi stendendosi sulla schiena, con le gambe aperte, o si girano rapidamente in questa posizione se un maschio si mette all’opera in modo diverso.

Come si riesce a cogliere dalle loro osservazioni, i visitatori degli zoo rimangono scioccati dai vistosi genitali delle antropomorfe. La reazione più memorabile la ebbe una donna che esclamò, «Oh, mio Dio, è una testa quella che vedo?». I maschi delle grandi scimmie sono tutto tranne che confusi: per loro non e è niente di più eccitante di una femmina con un voluminoso posteriore rosa. Per quanto mi riguarda, sono talmente abituato a queste caratteristiche così rilevanti che non mi sembrano né strane né spiacevoli, anche se la prima parola che viene in niente è «ingombranti».

Le femmine antropomorfe con i loro rigonfiamenti non riescono a sedersi normalmente; spostano il loro peso da un fianco all’altro in modo goffo. Imparano come comportarsi con queste appendici durante l’adolescenza, quando queste diventano sempre prù grandi a ogni comparsa del ciclo mestruale. Il tessuto che si gonfia è fragile, sanguina alla minima occasione (ma si risana altrettanto in fretta). Alla pari di invenzioni culturali umane come la fasciatura dei piedi e i tacchi a spillo, pare un prezzo oneroso da pagare per essere attraenti.

Il clitoride delle bonobo va considerato con attenzione, visto che il suo corrispettivo umano ben più piccolo è al centro di un dibattito tanto infuocato. A cosa serve un clitoride? Ne abbiamo veramente bisogno? Le teorie spaziano dalla completa inutilità di questo minuscolo organo, come quella di un capezzolo maschile, al riconoscerlo come una fonte di piacere che probabilmente serve al legame col partner. Nel primo caso si presume che le donne non abbiano bisogno di andar in cerca di sesso a patto che lo accettino quando viene a bussare alla loro porta. Definisce il clitoride «uno splendido incidente» dell’evoluzione.

Per il secondo punto di vista, il clitoride si è evoluto fino a permettere l’esperienza dell’orgasmo così da rendere il sesso una questione piacevole e appassionante. L’idea qui è quella di una sessualità femminile attiva, che cerca fino a trovare ciò che le piace. Queste visioni opposte a loro volta corrispondono a ideologie che si contrappongono riguardo alla posizione della donna all’interno della società.
La riproduzione è troppo importante per essere lasciata al caso. Ogni biologo si aspetta che entrambi i sessi, e non solo i maschi, si rendano attivi nella scelta dei compagni. Sappiamo che gli animali prendono in considerazione tutte le opzioni.

Ci fu un caso divertente in cui gli scienziati speravano di controllare una popolazione di itteri alirosse, dei merli americani dalle ali rosse, sterilizzando i maschi. Pensavano che coppie che nidificano insieme, in cui i maschi sono sterili, avrebbero prodotto covate sterili. Con loro costernazione, la maggioranza delle covate erario fertili, rivelando che le femmine dovevano essersi «incontrate» di nascosto con maschi non vasectomizzati. Il regno animale è pieno di femmine sessualmente intraprendenti che si guardano intorno, e la società umana di certo non fa eccezione. Di solito questo non viene rilevato dai sondaggi – sistema notoriamente inaffidabile per valutare il comportamento.

I sondaggi sottovalutano in maniera approssimativa la vita sessuale delle donne: tutti, e in special modo le donne, sono riluttanti a rivelare la verità. Questo lo sappiamo perché un modo per far parlare le donne esiste. Si sottopongano degli studenti universitari a una finta macchina della verità, e le ragazze riveleranno un numero doppio di partner sessuali delle donne non sottoposte a questo tipo di pressione. Rivelano di aver avuto tanti partner quanto di fatto ne hanno avuti le loro controparti maschili. Uomini e donne sono quindi di gran lunga più simili di quanto i sondaggi sul sesso ci hanno fatto credere.

Visto che per i maschi la riproduzione è una faccenda più rapida che per le femmine, spesso viene sostenuto che i sessi debbano differire sostanzialmente nelle loro propensioni sessuali. Ma non tutto il sesso riguarda la procreazione, né per la nostra né per molte altre specie. Che dire del piacere e del relax, della comunione e del legame, e che dire poi di quello che i miei bonobo fanno tutti i giorni: sesso per districare rapporti aggrovigliati? Alla luce di queste altre finalità, l’idea vittoriana che con il sesso si generano gli uomini e si seccano le donne si basa su delle ipotesi piuttosto limitate.

Se in genere il sesso esprime amore, fiducia e vicinanza, per lo meno ci si aspetterebbe che fosse altrettanto una prerogativa femminile. I francesi, che saggiamente si sono tenuti distanti dalla regina Vittoria quanto glielo consentiva la Manica, hanno una fantastica gamma di espressioni per queste altre cose. Ci si riferisce al far l’amore dopo una lite come a la réconciliation sur l’oreiller (la riconciliazione sul cuscino), e alla capacità del sesso di rilassare la mente si fa cenno rudemente descrivendo una vecchia brontolona come sessualmente bisognosa: una mal baisée.

Si pensa che il sesso e il desiderio sessuale sprofondino sottoterra al profilarsi del giorno di lavoro. Una netta divisione tra l’elemento sociale e quello sessuale è universalmente umana. Comunque non è che sia perfettamente rispettata. Una volta, in genere le cameriere offrivano altri servizi oltre a cucinare e a pulire, e nella società moderna, spesso le storie d’amore sbocciano in ufficio, dove le insinuazioni sessuali e le molestie abbondano. A Wall Street, gli agenti di Borsa sono noti per festeggiare i compleanni in compagnia di spogliarelliste. Ma, a parte le eccezioni, di regola l’ambito sociale e quello sessuale vengono mantenuti separati.

Noi abbiamo disperatamente bisogno di questa separazione perché le nostre società sono costruite su unità familiari che implicano cure paterne tanto quanto quelle materne, che sono naturali per tutti i mammiferi. Tutte le società umane sono costituite da famiglie nucleari, mentre quelle delle antropomorfe non lo sono. Tra gli scimpanzè, il solo momento in cui il sesso deve essere rimosso dall’ambito pubblico è quando un maschio e una femmina si preoccupano della gelosia degli individui di rango più elevato. Si danno appuntamento dietro i cespugli, o lontano dal resto della comunità, secondo un modello che potrebbe essere all’origine del nostro desiderio di privacy. Se il sesso è fonte di tensioni, un modo per mantenere la pace è limitarne la visibilità. Gli esseri umani vanno ancora più in là, nascondendo non solo l’atto stesso, ma occultando anche ogni parte del corpo eccitante o eccitabile.

Tra i bonobo non succede niente o quasi niente del genere. Questa è la ragione per cui vengono spesso descritti come liberati sul piano sessuale. Ma in effetti, se la privacy e la repressione non sono in ballo, cosa c’entra l’essere liberati? Semplicemente non si vergognano, non hanno il senso della riservatezza, nessuna inibizione se non il desiderio di evitare guai con i rivali. Quando due bonobo si accoppiano, i giovani a volte gli saltano in groppa per sbirciare i dettagli. O un’altra adulta può intervenire per premere i suoi gonfiori contro uno di loro per prender parte al gioco. La sessualità è più spesso condivisa che contestata. Una femmina può stare a pancia in su masturbandosi apertamente, e nessuno fa una piega.

Muove le dita velocemente su e giù nella sua vulva, ma può anche delegare il lavoro a un piede, per avere le mani libere e far il grooming al suo piccolo. I bonobo sono dei gran tuttofare.
Oltre ad affermare che la dimensione del pene ci distingue dagli altri primati, Desmond Morris sosteneva che l’orgasmo fosse esclusivamente umano. Chiunque veda delle femmine bonobo impegnate in un intenso rapporto sessuale, ovvero nello sfregamento genitale (GG-rubbing: genito-genital rubbing}, difficilmente sarà disposto a credere a questa affermazione. Le femmine scoprono i denti in un ampio sorriso, emettendo grida eccitate mentre si strofinano tra di loro i clitoridi freneticamente. Inoltre le femmine si masturbano regolarmente, attività che non avrebbe senso se non ne ricavassero qualcosa. Sappiamo da esperimenti in laboratorio che non siamo l’unica specie in cui nelle femmine, all’apice del rapporto sessuale, si verificano un aumento del battito cardiaco e repentine contrazioni uterine. I macachi rientrano nei criteri di Master e Johnson sull’orgasmo umano. Nessuno ha fatto uno studio come questo sui bonobo, ma nessuno dubita che passerebbero il test.

Non tutti sono aperti a questa possibilità, però. Uno degli incontri accademici più curiosi a cui abbia mai partecipato aveva come tema il sesso. Era organizzato da antropologi postmoderni, che sono convinti che la realtà sia fatta di parole, che non possa essere distinta dalle narrazioni. All’incontro c’era solo un gruppetto di scienziati e io ero uno di loro, e gli scienziati, per definizione, più che alle parole credono ai fatti. È chiaro che un incontro di questo genere non era destinato ad andar troppo bene. Si giunse al colmo quando uno dei postmoderni affermò che se a una lingua umana manca la parola «orgasmo», le persone che parlano questa lingua non possono fare esperienza dell’apice del piacere sessuale.

Gli scienziati rimasero sconcertati. La gente di tutto il mondo ha gli stessi genitali e la stessa fisiologia, quindi come era possibile che le loro esperienze fossero completamente differenti? E questo che rapporto aveva con gli altri animali? Ciò che era implicito non era che loro non provavano nulla? Infastiditi da questa idea del piacere sessuale come acquisizione linguistica, cominciammo a far passare dei bigliettini con domande del tipo: senza la parola «ossigeno», si può respirare?

La rivendicazione finale di Morris dell’unicità dell’uomo attribuisce a noi l’attenzione per la posizione dell’accoppiamento come evidenza della nostra sensibilità di popoli civilizzati. Non solo si da per scontato che la posizione del «missionario» sia prerogativa esclusiva della nostra specie, ma è vista come un progresso culturale. Ma alla luce dei milioni di anni di evoluzione sessuale che abbiamo alle spalle, considero i tentativi di tenere separata la sessualità umana da quella degli altri animali del tutto disperati. Gli ormoni che ci spingono a praticare il sesso e le caratteristiche anatomiche che rendono queste peculiari acrobazie possibili e piacevoli, sono biologicamente determinati. Sono ben lontani dall’essere unici: il modo in cui lo facciamo noi non è molto diverso da come lo fanno i cavalli, o perfino da come lo fanno i guppy, i cosiddetti pesci milione. Sulla base della conformazione dei nostri genitali orientati frontalmente, è ovvio che la selezione naturale ha favorito la posizione del missionario: siamo anatomicamente predisposti per accoppiarci in questo modo.

Gli stessi scienziati che diedero il poco noto nome ai bonobo volevano illustrare i loro accoppiamenti, ma all’epoca questo argomento non si poteva neanche menzionare. Eduard Tratz e Heinz Heck dovettero ricorrere al latino, sostenendo che gli scimpanzè si accoppiano more canum (come i cani) e i bonobo more hominum (come gli uomini). I bonobo adottano la posizione del missionario con grande facilità, come molte altre. Conoscono tutte le posizioni del Kamasutra, e perfino certe al di là della nostra immaginazione (tipo quella in cui i due partner stanno appesi per i piedi a testa in giù).

Però la posizione faccia a faccia è speciale perché oltre a essere comune permette uno scambio sul piano emotivo. L’analisi dettagliata attraverso il video mostra che i bonobo tengono d’occhio le espressioni facciali e i suoni che fa il partner, regolando la velocità della spinta e degli strofinamenti a seconda della reazione che suscitano. Se il partner non mostra di essere impegnato nel contatto visivo, o per altri versi non sembra troppo entusiasta, i due si dividono. I bonobo sembrano estremamente sensibili alle reazioni dei loro partner.

I bonobo non fanno sesso solo in una varietà di posizioni ma anche in tutte le possibili combinazioni di partner. Smentiscono la nozione che il sesso sia destinato unicamente alla procreazione. Ritengo che tre quarti della loro attività sessuale non abbia nulla a che fare con la riproduzione, almeno non in maniera diretta: spesso coinvolge individui dello stesso sesso o ha luogo nel periodo infecondo del ciclo di una femmina. E poi ci sono le varie attività erotiche che non hanno nulla a che fare con la riproduzione, che comprendono non solo il french kissing ma anche la fellatio o il massaggio dei genitali altrui, spesso osservabile tra i maschi. Un maschio, con la schiena diritta e le gambe spalancate, offre il suo pene eretto a un altro, che glielo impugna senza stringere, muovendolo su e giù con movimenti carezzevoli.

L’equivalente maschile del GG-rubbing è noto come «rump-rump», una forma di contatto in cui due maschi, a quattro zampe, si strofinano i posteriori e gli scroti l’uno contro l’altro per un po’. È un saluto a bassa intensità in cui entrambi i partner guardano in direzioni opposte. Lo strofinamento reciproco del pene, invece, somiglia a un rapporto eterosessuale, con uno dei maschi steso sulla schiena e l’altro che si spinge contro di lui. Siccome entrambi hanno un’erezione, i loro peni si strofinano l’uno contro l’altro. Non ho mai visto eiaculare durante il sesso tra maschi, o tentativi di penetrazione anale. Ma tutti questi comportamenti sono stati osservati sia in bonobo in cattività che allo stato selvaggio, tranne la cosiddetta «scherma del pene», conosciuta solo attraverso gli studi effettuati nell’habitat naturale: due maschi stanno appesi a un ramo faccia a faccia mentre si strofinano il pene tra loro come se incrociassero due spade.

Questa ricchezza del comportamento sessuale è davvero stupefacente, eppure non è stata proprio una benedizione per 1’immagine pubblica dei bonobo. Alcuni autori e alcuni scienziati si sentono così a disagio che parlano per enigmi. Ho sentito dei relatori definire i bonobo «molto affettuosi» mentre descrivevano un comportamento che sarebbe considerato vietato ai minori in ogni cinema. Gli americani, in particolare, evitano di chiamare il sesso col suo vero nome. È come stare a sentire un incontro tra fornai che hanno deciso di omettere la parola «pane» dal loro vocabolario, ricorrendo a incredibili circonlocuzioni.

L’erotismo dei bonobo viene spesso ridimensionato tenendo conto solo dei coiti tra adulti di sesso opposto. Ma questo tralascia veramente la maggior parte di quello che succede nella loro vita quotidiana. E una ben strana omissione, dato che l’etichetta di «sesso» in genere si riferisce a qualsiasi contatto intenzionale che coinvolga i genitali, compreso il petting e la stimolazione orale, senza tener conto di chi lo fa a chi (quando il presidente Bill Clinton ha cercato di definire il sesso in maniera più restrittiva, è stato contestato dalle corti di giustizia). In un senso più ampio, il sesso include anche il bacio o l’esibizione del proprio corpo in modo allusivo, che è appunto la ragione per cui «Elvis the Pelvis» era detestato dai genitori degli anni Cinquanta. Personalmente, io sono per dire pane al pane – nel discorso scientifico non c’è posto per eufemismi nati per chi è troppo schizzinoso.

Se ho dato l’impressione che il bonobo sia un animale patologicamente ipersessuato, devo aggiungere che l’attività sessuale del bonobo è straordinariamente casuale, molto di più di quanto lo sia la nostra. Come gli esseri umani, praticano il sesso solo in modo occasionale, non di continuo. Molti dei contatti fisici non vengono portati avanti fino all’orgasmo – i partner semplicemente si accarezzano l’un l’altro. Anche la durata del coito medio è incredibilmente rapida rispetto agli standard umani: quattordici secondi. Al posto di un’orgia senza fine, ciò che si vede è una vita sociale condita con sale e pepe di brevi momenti di intimità sessuale. Avere un parente stretto così lussurioso, comunque, ha degli effetti sul modo di vedere la nostra sessualità.

Bonobo bisex

I bonobo hanno davvero bisogno di tutto questo sesso? Noi umani ne abbiamo bisogno? Perché preoccuparsene tanto? Può sembrare una domanda strana – come se potessimo scegliere! – ma anziché dare il sesso per scontato, i biologi si chiedono da dove venga, a cosa serva e se magari ci siano metodi migliori per riprodursi. Perché semplicemente non ci cloniamo? La clonazione ha il vantaggio di replicare modelli genetici che hanno funzionato bene nel passato, come voi o come me (essere ancora vivi dopo tutti questi anni è un gran risultato), senza mescolarvi i difetti dei geni di qualcun altro.

Provate a immaginare che brave new world ci troveremmo ad abitare, pieno di individui privi di genere e identici l’uno all’altro. Non ci sarebbero più pettegolezzi su chi ama chi, chi divorzia da chi, o chi tradisce chi. Niente gravidanze indesiderate, nessun articolo sulle riviste stupide che vi dica come far colpo con chi vi piace, e niente peccati carnali, ma anche niente infatuazioni, niente film romantici e niente pop star come sex symbol. Magari sarebbe più efficiente, ma sarebbe anche il posto più noioso che si possa immaginare.

Fortunatamente gli svantaggi della riproduzione sessuale sono più che compensati dai vantaggi. Questo è dimostrato in modo preciso da animali che usano entrambi i metodi di copiatura. Prendiamo per esempio una femmina di quei pidocchi delle piante da appartamento e guardiamola al microscopio. Dentro al suo ventre traslucido si vedrà un insieme di minuscole figliolette, tutte identiche alla mamma. Per la maggior parte del tempo, i pidocchi si clonano esclusivamente. Quando vengono i tempi duri però, come in autunno e in inverno, questo sistema non funziona più così bene. La clonazione non gli consente di evitare mutamenti genetici casuali, molti dei quali sono fonte di problemi. Gli errori si accumulano fino a quando 1’intera popolazione ne è sommersa. Così, i pidocchi passano alla riproduzione sessuale, che comporta una mescolanza di geni. I piccoli prodotti attraverso il sesso sono più robusti, alla stessa maniera in cui, per esempio, un cane o un gatto non di razza sono generalmente più sani di quelli di razza pura. Dopo molte generazioni, l’incrociarsi della stessa razza somiglia alla clonazione, risolvendosi sempre in un aumento di difetti genetici.

La forza del cosiddetto tipo selvatico – il prodotto del mescolamento sessuale dell’ordine dei geni – è ben nota. Per esempio gestisci meglio le malattie, perché è in grado di stare al passo con la continua evoluzione dei parassiti. Ai batteri bastano solo nove anni per attraversare le circa 250 mila generazioni che la nostra discendenza ha attraversato da quando ci siamo separati dai bonobo e dagli scimpanzè. Il veloce ricambio generazionale dei parassiti obbliga gli animali ospiti a mutare le loro difese. Anche solo per combattere i parassiti, il nostro sistema immunitario deve mantenere il passo. I biologi la chiamano l’ipotesi della Regina rossa, dal personaggio della Regina rossa di Alice nel paese delle meraviglie, che disse ad Alice: «Ti serve tutta la corsa di cui sei capace per restare dove sei!». Allo stesso modo per l’uomo e per gli animali, la corsa si compie attraverso la riproduzione sessuale.

Ma tutto questo spiega solo perché esiste il sesso, non perché lo pratichiamo così spesso. Non ci riprodurremmo abbastanza bene anche solo facendone uso in minima parte? Di sicuro è questo che la Chiesa cattolica ha in mente quando afferma che il sesso serve solo alla riproduzione. Ma il lato piacevole del sesso non mette in discussione questa visione? Se il suo unico scopo fosse la riproduzione, certo non sarebbe necessario che il sesso fosse una cosa così divertente. Lo vedremmo piuttosto come i bambini vedono le verdure: consigliate ma per nulla entusiasmanti.

Certo, questo non è esattamente ciò che madre natura aveva in serbo per noi. Nutrito da miriadi di terminazioni nervose in punti noti come zone erogene (solo in quel piccolo organo che è il clitoride ce ne sono ottomila), collegato direttamente ai centri del piacere del cervello, il desiderio e il soddisfacimento sessuale sono parti costitutive dei nostri corpi. La ricerca del piacere è la ragione numero uno per cui la gente pratica più sesso di quanto sia necessario per la riproduzione.

La scoperta che uno dei nostri più stretti parenti ha dei genitali in apparenza ben sviluppati almeno quanto i nostri, e che si dedica a un sesso perfino più «non necessario» di quanto non facciamo noi, rende la sensualità un tratto saliente del trio di parenti stretti che andiamo considerando. Gli scimpanzè fanno eccezione. La loro vita sessuale è povera rispetto a quella degli uomini e dei bonobo, e non solo in natura, ma anche negli zoo.

Mettendo a confronto scimpanzè e bonobo che vivono in cattività con la stessa quantità di spazio a disposizione, con la stessa disponibilità di cibo e lo stesso numero di partner, i bonobo fanno sesso di media una volta ogni ora e mezza e con una varietà di partner di gran lunga maggiore degli scimpanzè che si dedicano al sesso solo una volta ogni sette ore. Di conseguenza, anche alle stesse condizioni i bonobo sono di gran lunga più sessuati.

Ma niente di tutto questo risponde alla domanda in questione – perché le persone e i bonobo sono così sessualmente edonisti? Perché abbiamo appetiti sessuali oltre a quelli necessari a fecondare l’ovulo disponibile e che vanno al di là dei partner che rendono questo possibile? I lettori potrebbero obiettare che il loro gusto nei confronti dei partner sessuali è meno mutevole di così, ma io sto prendendo in considerazione noi in quanto specie. Alcune persone sono eterosessuali, altre sono gay, e ad altre ancora piace una certa varietà nei partner. D’altronde queste classificazioni sembrano arbitrarie. Il pioniere americano delle ricerche sul sesso, Alfred Kinsey, collocava le preferenze sessuali umane in un continuum regolare, ritenendo che il mondo non si divide in pecore e capre e che le nostre distinzioni usuali non sono opera della natura ma della società.

L’opinione di Kinsey è sostenuta da studi interculturali, che rivelano un’incredibile varietà di atteggiamenti nei confronti del sesso. In alcune culture, l’omosessualità si esprime liberamente, addirittura viene incoraggiata. I primi a venire in mente sono gli antichi greci, ma c’è anche la tribù australiana degli aranda, in cui un ragazzo ha una vita sessuale con un uomo più grande di lui fino a quando quest’ultimo non è pronto a sposare una donna, e dove le donne si strofinano il clitoride l’una con l’altra per il piacere che ne deriva. Tra i keraki della Nuova Guinea, i rapporti sessuali con gli uomini fanno parte dei riti della pubertà di ogni ragazzo e ci sono altre culture in cui i ragazzi praticano la fellatio a uomini più anziani allo scopo di ingerire dello sperma, secondo la credenza che faccia aumentare la loro forza virile.

All’opposto di tutto questo ci sono culture che circondario 1’omosessualità di paure e tabù, specialmente tra i maschi, che sottolineano la loro virilità per accentuare la loro eterosessualità. Nessun maschio eterosessuale vuoi essere preso per omosessuale. L’intolleranza obbliga tutti a scindere la propria sessualità in più parti e a scegliere tra esse, dando l’impressione di tipi sessuali nettamente distinti anche se intimamente può esistere un’ampia gamma di preferenze, compresi degli individui senza preferenza alcuna.

Insisto su questa sovrapposizione culturale per spiegare perché la consueta domanda riguardante l’evoluzione di come può essere nata l’omosessualità possa mancare il punto della questione. Poiché gli omosessuali non si riproducono, così viene posta la questione, ne deriva dunque che dovrebbero essersi estinti molto tempo fa. Ma questo è un rompicapo solo se accettiamo di dare delle etichette secondo le regole dei nostri tempi. E se le preferenze sessuali dichiarate fossero delle mere approssimazioni? E se ci avessero fatto il lavaggio del cervello in una logica di opposizioni fatta solo di o/o? E che dire della premessa secondo la quale gli omosessuali non riescono a riprodursi? E veramente così? Sono certamente in grado di riprodursi e nelle società moderne molti di loro sono stati sposati in certe fasi della loro vita.

Un sacco di coppie gay nel nostro mondo stanno mettendo su famiglia. La questione dell’estinzione apre anche un divario genetico tra omosessuali ed eterosessuali. E vero che le preferenze sessuali sembrano costituzionali -nel senso che sono nate con noi o come minimo si sono sviluppate nei primi anni della nostra vita – ma nonostante si senta parlare di «geni gay», non c’è ancora prova di una differenza genetica sistematica tra omosessuali ed eterosessuali.

Allontaniamoci un po’ dall’ambito sessuale e parliamo di semplice attrazione per il proprio sesso, presupponendo che questa attrazione esista a un certo livello in tutti noi. Ci leghiamo facilmente con individui che sono come noi, e fin qui siamo tutti d’accordo. Giacché l’attrazione per lo stesso sesso non impedisce che vi sia attrazione per il sesso opposto, la sua evoluzione non avrebbe dovuto trovare ostacoli. Aggiungiamo a questo l’idea che esiste una zona grigia tra l’attrazione sociale da una parte e quella sessuale dall’altra. Vale a dire che l’attrazione per lo stesso sesso può avere delle sfumature sessuali che arrivano in superficie solo in certe circostanze.

Se per esempio si perde di vista il sesso opposto per molto tempo, come in collegio, in prigione, in convento o su una nave, il legame con il proprio sesso spesso assume un carattere sessuale, che altrimenti non si sarebbe mai potuto verificare. E appena cadono le inibizioni, come quando gli uomini bevono troppo, in men che non si dica tutti si buttano le braccia al collo. L’idea che forme di attrazione non consapevolmente sessuali possano comunque avere una connotazione sessuale è, ovviamente, ben lontana dall’essere nuova: Freud ce l’ha messa in testa molto tempo fa. Abbiamo così paura del sesso che cerchiamo di comprimerlo in una scatoletta con un coperchio, ma spunta fuori continuamente, mescolandosi a una moltitudine di altre tendenze.

L’attrazione per il nostro stesso genere non è un problema per l’evoluzione fino a quando non entra in conflitto con la riproduzione. Supponiamo inoltre che questa attrazione sia fortemente variabile, con il lato sociale che predomina nella maggioranza degli individui, e quello sessuale in una minoranza. Questa minoranza è ridotta. La stima di Kinsey che il 10 per cento della popolazione fosse omosessuale, era una esagerazione del tutto approssimativa. Sondaggi molto più recenti riportano meno della metà di questa percentuale. All’interno di questa minoranza esiste un gruppo ancora più esiguo con un’attrazione per lo stesso sesso così forte da precludere il sesso eterosessuale, e di conseguenza la riproduzione.

Fino a oggi il più ampio sondaggio sul comportamento sessuale fatto su campioni scelti a caso, effettuato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna negli anni Novanta, colloca il numero delle persone esclusivamente omosessuali al di sotto dell’1 per cento. Solo se questa minuscola minoranza fosse portatrice di geni che nessun altro possiede, saremmo davanti a un enigma – come verrebbero trasmessi questi geni? Ma, come si è detto, non ci sono prove evidenti di geni di questo tipo. Inoltre, il 99 per cento della popolazione con capacità riproduttive sembra non avere nessuna difficoltà a trasmettere l’attrazione per lo stesso sesso di cui l’omosessualità pare una conseguenza.

Piuttosto che una «scelta di vita», come alcuni conservatori con pio desiderio la etichettano, questa conseguenza arriva naturalmente per certi individui. Fa parte di ciò che sono. In certe culture sono liberi di perseguirla, laddove in altre devono nasconderla. Poiché non ci sono persone al di fuori delle culture, è impossibile sapere come apparirebbe la nostra sessualità in assenza di queste influenze. Una natura umana intatta è come il Santo Graal: sempre cercata, mai trovata.

Ma ci sono i bonobo. Questo animale è istruttivo perché non conosce proibizioni sessuali ma ha solo qualche inibizione. 1 bonobo sono la dimostrazione di una sessualità ricca priva delle coperture culturali create da noi. Questo non vuoi dire che i bonobo siano esseri umani con il pelo: sono chiaramente una specie separata e diversa. Nella scala da O a 6 di Kinsey, che va dall’eterosessuale all’omosessuale, gli esseri umani si trovano prevalentemente sul polo eterosessuale, ma i bonobo sembrano totalmente «bisex», o dei perfetti 3 della scala Kinsey.

Sono letteralmente dei pansessuali – un’etichetta con qualcosa in più del fortuito, visto il nome del loro genere [Pan paniscus]. Per quanto ne sappiamo, non ci sono bonobo esclusivamente eterosessuali o omosessuali: tutti loro praticano il sesso potenzialmente con tutti i generi di partner. Quando si diffusero queste notizie su uno dei nostri più stretti parenti, fui trascinato in una discussione su un sito Internet gay dove alcuni sostenevano che questo significava che l’omosessualità era naturale, mentre altri invece protestavano che la faceva sembrare primitiva. Essendo «naturale» positivo, e «primitivo» negativo, la domanda era se la comunità gay dovesse o no essere contenta dei bonobo. In effetti io non avevo una risposta: i bonobo sono qui, che alla gente piaccia o no. Ma suggerii di prendere «primitivo» nel senso in cui si intende in biologia – vale a dire, la forma più ancestrale. In questo senso, l’eterosessualità è ovviamente più primitiva dell’omosessualità: in principio c’era la riproduzione sessuale, che conduce ai due sessi e all’impulso sessuale. Ulteriori utilizzazioni di questo impulso devono essere venute più tardi, comprese le relazioni sessuali tra individui dello stesso sesso.

Il sesso con il proprio sesso non è certo limitato all’uomo e al bonobo. Le scimmie si accoppiano con membri del loro stesso sesso per dimostrare la loro supremazia, e sono note anche per porgere il loro posteriore in segno di pace. Tra i macachi, le femmine stanno insieme come una coppia eterosessuale, di regola con una delle due che sale sopra l’altra. Il sesso omosessuale nel regno animale è stato documentato esempio dopo esempio, dall’accoppiamento tra elefanti maschi allo sbaciucchiarsi delle giraffe, alle cerimonie di saluto dei cigni alle carezze reciproche delle balene. Ma anche se certi animali attraversano periodi in cui un comportamento di questo genere è comune, rifuggo dal termine «omosessuale» e dall’implicazione di un orientamento predominante. Orientamenti esclusivi verso il proprio stesso sesso sono rari o assenti nel regno animale.

I bonobo vengono presentati a volte come animali gay, il che ha portato a un Bonobo Bar in quasi tutte le città cosmopolite. È vero, i bonobo praticano spesso il sesso omosessuale, se usiamo questo termine solo per denotare l’atto in sé. Le femmine lo fanno tra loro tutto il tempo, e in effetti il GG-rubbing è il cemento politico della loro società. È chiaramente parte del legame tra femmine. Anche i maschi sono regolarmente coinvolti in un comportamento sessuale l’uno con l’altro, anche se meno intensamente delle femmine. Ma niente di tutto questo basta a fare dei bonobo dei gay. Non so di nessun bonobo che limiti la sua attività sessuale a membri del suo stesso genere. Sono invece assolutamente promiscui e bisessuali.

Il punto più importante sul sesso tra i bonobo è quanto sia completamente casuale e quanto ben integrato nella vita sociale. Per salutare noi usiamo le mani, come la stretta di mano o la pacca sulla spalla, mentre i bonobo offrono strette di mano ai genitali. Lasciate che vi descriva una scena avvenuta a nord-est di San Diego, al Wild Animai Park, il giorno che io e i guardiani demmo ai bonobo un pasto da dividere tra loro mentre una troupe con la telecamera riprendeva i loro comportamenti a tavola per un popolare programma scientifico. Li riprendevamo in un prato spazioso all’interno di un recinto con alberi di palma. Anche se era presente un maschio adulto e muscoloso di nome Akili, il gruppo era dominato da Loretta, che allora aveva ventun anni. I bonobo fecero esattamente quello ci si aspettava che avrebbero fatto. Risolsero le tensioni create dal cibo col sesso.

Quando davanti al gruppo fu lanciato un gran fascio di foglie di zenzero – uno dei loro cibi preferiti – subito Loretta lo afferrò. Da lì a poco lasciò che Akili ne mangiasse un po’, ma una femmina adulta più giovane, Lenore. esitava a unirsi a loro. Questo non a causa di Loretta, ma perché Lenore e Akili per qualche ragione non andavano d’accordo. Il guardiano mi disse che questo era diventato un problema costante. Lenore continuava a guardare Akili, prevenendo ogni sua mossa. Lenore si esibì diverse volte da lontano. Quando Akili trascurò di reagire, gli si avvicinò e gli strofinò i suoi genitali gonfi sulle spalle, cosa che lui accettò. Dopo di questo, le fu permesso di unirsi al gruppo e tutti loro mangiarono insieme tranquillamente, sebbene fosse sempre Loretta a controllare il cibo con fermezza.

Del gruppo faceva parte anche un adolescente, Marylin, che aveva ben altro per la testa. Era innamorata di Akili e lo seguiva dappertutto, rivolgendogli continui inviti sessuali. Marylin giocò per un po’ nel laghetto, stimolandosi i genitali manualmente mentre immergeva le labbra nell’acqua. Dopo essersi eccitata così, tirò Akili per il braccio e lo portò in acqua per mano per accoppiarsi con lui. Akili si prestò per molteplici volte, ma era chiaramente diviso tra Marylin e l’abbuffata di cibo. Perché il sesso dovesse avvenire nell’acqua alta fino al ginocchio non mi era chiaro: forse Marylin aveva sviluppato una forma di feticismo per l’acqua. Le idiosincrasie sessuali non sono rare tra i bonobo.
Nel frattempo, Loretta mostrava un grande interesse per il cucciolo di Lenore. Ogni qualvolta il piccolo le si avvicinava, lei gli stimolava per un po’ i genitali col dito, a cui una volta fece seguito un abbraccio pancia contro pancia durante il quale Loretta si produsse in una serie di spinte pelviche come fanno i maschi nei confronti del piccolo. A un certo punto, la madre stimolò manualmente i genitali di Loretta, dopo di che spinse il suo cucciolo verso Loretta come per incitarla a prenderselo.
In questo breve lasso di tempo, abbiamo visto i bonobo usare il sesso a puri fini sessuali (Akili e Marylin), a fini pacificatori (Lenore e Akili), e come segno di affetto (Loretta e il piccolo). Di solito associamo il sesso con la riproduzione e col desiderio, ma tra i bonobo adempie a ogni sorta di altre necessità. La gratificazione è senza dubbio sempre l’obiettivo e la riproduzione solo una delle sue funzioni.

Ecco perché “thè lady is a tramp”

Le femmine dei bonobo ostentano i loro rigonfiamenti genitali anche quando non sono feconde, per esempio durante la gravidanza o il periodo dell’allattamento. Questo non si verifica tra gli scimpanzè. È stato calcolato che le femmine degli scimpanzè passano meno del 5 per cento della loro vita adulta con i genitali gonfi, mentre le bonobo pressoché il 50 per cento. Per di più, tranne che per un calo quando le femmine hanno le mestruazioni, il sesso tra i bonobo continua durante tutto il ciclo. In un primate caratterizzato da rigonfiamenti genitali, questo non può che lasciare perplessi. A cosa servono questi grotteschi palloni se non ad annunciare che si è feconde?

Essendo il sesso e i rigonfiamenti prevalentemente non collegati alla fertilità, un bonobo maschio dovrebbe essere Einstein per capire di quali giovani potrebbe essere il padre. Non che le scimmie antropomorfe siano consapevoli del legame che c’è tra sesso e riproduzione – solo noi lo siamo – ma è abbastanza comune tra i maschi degli animali privilegiare i piccoli delle femmine con cui hanno avuto rapporti sessuali, quindi di fatto prendersi cura e proteggere la loro progenie. Comunque, i bonobo praticano troppo sesso con troppi partner per operare delle distinzioni del genere. Se si dovesse progettare un sistema sociale in cui la paternità rimane oscura, difficilmente si potrebbe fare un lavoro migliore di quanto ha fatto madre natura per i bonobo. In effetti pensiamo che tutta la questione sia qui: le femmine traggono un guadagno dall’attirare i maschi in un rapporto sessuale.

Anche in questo caso non vi è implicato alcun intento consapevole, solo una falsa esposizione della fecondità. Di primo acchito, quest’idea è sconcertante. Anche se la paternità non è mai certa come lo è invece la maternità, la nostra specie non se la sta cavando piuttosto bene con la sua grande fiducia nella paternità? Gli uomini in questa faccenda hanno un bel po’ più di certezze rispetto agli animali maschi che praticano un’illimitata promiscuità. Cosa ci sarebbe di sbagliato se i maschi sapessero chi sono i loro figli? La ragione è l’infanticidio: l’uccisione dei neonati da parte dei maschi.

Mi è capitato di essere presente allo storico incontro a Bangalore, nel Sud dell’India, in cui Yukimaru Sugiyama, un primatologo giapponese molto noto, raccontò per la prima volta come i maschi delle scimmie langur si impadroniscano di un harem di femmine spodestandone il vecchio capo e poi di regola uccidano tutti i piccoli. Li strappano alle madri e li trafiggono con i loro canini. L’incontro ebbe luogo nel 1979 e all’epoca nessuno si rese conto che si stava facendo la storia, che era nata una delle ipotesi sull’evoluzione più provocatorie del nostro tempo.

La relazione di Sugiyama andò incontro a un assordante silenzio, a cui seguì una lode ambigua da parte della presidenza per gli esempi interessanti di quella che fu definita «patologia del comportamento». Queste furono le parole del presidente, non quelle dell’oratore. L’idea che gli ammali uccidano la propria specie, e non proprio incidentalmente, risultava incomprensibile e ripugnante. La scoperta di Sugiyama e la sua ipotesi che l’infanticidio potesse coadiuvare la riproduzione dei maschi, fu ignorata per un decennio. Ma poi emersero altri resoconti, dapprima su altri primati e alla fine su molti altri animali: dagli orsi ai cani delle praterie ai delfini e agli uccelli. Quando per esempio dei leoni maschi assumono il controllo del branco, le leonesse pongono tutta la loro energia nel tentativo di impedirgli di far del male ai cuccioli, ma di solito senza gran risultato. Il re degli animali salta sui piccoli indifesi e li scuote afferrandoli per il collo coi denti, uccidendoli ali istante, senza mangiarli. Ha l’apparenza di un atto completamente intenzionale. La comunità scientifica espresse un totale scetticismo nei confronti del fatto che proprio le stesse teorie che parlano di sopravvivenza e riproduzione potessero essere applicate all’annientamento di neonati innocenti.

Ma questo è esattamente ciò che era stato prospettato. Quando un maschio assume il potere in un gruppo, non solo caccia via il capo precedente, ma toglie di mezzo anche le ultime fatiche riproduttive di questo maschio. In questo modo, le femmine riprenderanno a essere feconde prima, contribuendo così alla riproduzione del nuovo maschio. Sarah Blaffer Hrdy è un’antropologa americana che ha sviluppato ulteriormente quest’idea, oltre ad avere posto l’attenzione su esempi di infanticidio umano. È ormai stabilito, per esempio, che i bambini sono più a rischio di abusi da parte dei patrigni che dei padri biologici, il che sembra stare in rapporto con la riproduzione maschile. La Bibbia descrive il faraone che ordina lo sterminio dei bambini appena nati e, famosissimo, il re Erode che «mandò a uccidere tutti i bambini di Betlemme e dei dintorni, dai due anni in giù» (Matteo 2, 16). Gli studi antropologici rivelano che, dopo una guerra, è abbastanza comune che i bambini delle donne fatte prigioniere vengano uccisi. Ci sono tutti i motivi per includere la nostra specie nel dibattito sull’infanticidio da parte dei maschi.

L’infanticidio è visto come un fattore chiave nell’evoluzione sociale, mettendo in lotta il maschio contro il maschio e il maschio contro la femmina. Le femmine si trovano a non aver nulla da guadagnarci: la perdita di un neonato è sempre un disastro. La Hrdy elaborò delle teorie sulle difese da parte femminile. Ovvio che le femmine fanno quello che possono per difendersi e per difendere i loro piccoli, ma la grande stazza dei maschi e le loro armi particolari (come i grandi canini), spesso rendono questo inutile. La cosa migliore che resta da fare è confondere la paternità.

Quando dei maschi esterni prendono il sopravvento, come tra i leoni e tra le scimmie langur, il nuovo arrivato è sicuro al 100 per cento che non ha generato nessuno dei piccoli che vede in giro. Ma se un maschio vive già all’interno di un gruppo in cui incontra una femmina conosciuta con un neonato, la situazione è differente. Il piccolo potrebbe essere suo, vale a dire che ucciderlo ridurrebbe la possibilità del maschio di trasmettere i suoi geni. Nella prospettiva dell’evoluzione, non c’è niente di peggio per un maschio che eliminare la propria progenie. Si presume quindi che la natura abbia dotato i maschi di un certo intuito perché aggrediscano solo giovani nati da madri con cui non hanno praticato sesso di recente.

Questo può sembrare un sistema a prova di bomba per i maschi, ma apre lo spiraglio a una brillante contro strategia femminile. Accettando le avance di molti maschi, una femmina può proteggere se stessa dall’infanticidio, perché nessuno dei suoi compagni può scartare la possibilità che il piccolo di lei sia anche suo. In altre parole, andare a letto con molti paga.

Ci siamo: la ragione possibile per cui i bonobo fanno molto sesso e non praticano l’infanticidio. Quest’ultimo non è mai stato rilevato, né sul campo né in cattività. Si sono osservati maschi caricare femmine con dei piccoli, ma la difesa compatta contro un comportamento di questo genere lascia intendere una strenua opposizione all’infanticidio. I bonobo sono una vera eccezione tra le grandi scimmie, perché l’infanticidio è ben documentato tra i gorilla e gli scimpanzè, per non parlare dell’uomo.

Nella Budongo Forest in Uganda, venne scoperto un grosso scimpanzè maschio con un cucciolo morto della sua specie parzialmente divorato. C’erano altri maschi nelle vicinanze e si passavano di mano in mano la carcassa tra di loro. Diane Fossey, famosa per Gorilla nella nebbia vide un solitario gorilla adulto penetrare in un branco con un attacco violento. Una femmina che aveva partorito la notte prima si oppose al suo attacco, drizzandosi e battendosi il petto. Il neonato in vista sulla sua pancia venne subito colpito dal maschio: morì con un gemito.

Naturalmente noi consideriamo l’infanticidio una cosa disgustosa. Un’operatrice sul campo non seppe fare a meno di mettersi in mezzo quando degli scimpanzè maschi circondarono una femmina che strisciava per terra, cercando di nascondere il suo piccolo, emettendo grugniti ansimanti in segno di sottomissione e rispetto per evitare l’aggressione. L’operatrice dimenticò il dovere professionale di evitare ogni interferenza e affrontò i maschi con un grosso bastone. Questa non era la cosa più furba da fare perché gli scimpanzè a volte uccidono l’uomo, ma la scienziata se la cavò e riuscì a spaventarli.

Non c’è da meravigliarsi che le femmine degli scimpanzè stiano alla larga per anni dai grandi assembramenti della loro specie dopo aver partorito. L’isolamento è la loro strategia primaria allo scopo di prevenire l’infanticidio. I genitali riprendono a gonfiarsi solo verso la fine dell’allattamento, dopo tre, quattro anni. Fino ad allora, le femmine non hanno niente da offrire a maschi in cerca di sesso e nessun modo efficace per far cambiare idea ai maschi con atteggiamento aggressivo.

Le scimpanzè passano gran parte della loro vita spostandosi da sole con i loro cuccioli che non sono ancora autonomi. Le bonobo, invece, si riuniscono al gruppo subito dopo aver partorito e si accoppiano nel giro di pochi mesi. Hanno ben poco da temere. I maschi bonobo non sono nella condizione di stabilire quali piccoli siano i loro. E poiché le bonobo tendono a essere dominanti, attaccare i loro figli è una faccenda rischiosa. L’amore libero nato come forma di autodifesa? «That’s why thè lady is a tramp», ecco perché la signora è una sgualdrina, ci direbbe Frank Sinatra. «Ama il vento libero e fresco tra i capelli / la vita spensierata», canta. E in effetti, la vita spensierata delle bonobo contrasta con la nuvola nera che incombe sulla vita di altre femmine animali. Il premio che l’evoluzione deve aver messo in palio per mettere fine all’infanticidio è difficile che venga sopravvalutato. Le bonobo combattono per una causa – la più pressante immaginabile per il loro genere – con tutte le armi a loro disposizione, sia sessuali che offensive. Sembrano aver trionfato.

Queste teorie, comunque, non riescono a spiegare la variegata sessualità dei bonobo. Il modo in cui immagino si sia originato un comportamento di questo tipo è che, una volta che l’evoluzione fece diventare i bonobo eterosessuali gaudenti, il sesso traboccò in altri ambiti, come quello del legame tra individui dello stesso sesso e quello della risoluzione dei conflitti. La specie divenne completamente sessualizzata, come probabilmente è rispecchiato anche dalla loro fisiologia.

I neuroscienziati hanno scoperto cose molto interessanti sull’ossitocina, un ormone comune tra i mammiferi. L’ossitocina stimola le contrazioni uterine (viene somministrata regolarmente alle donne durante il parto) e la lattazione, ma ciò che è meno noto è che è anche in grado di ridurre l’aggressività. Se si inietta questo ormone in un ratto maschio, sarà molto meno probabile che attacchi i piccoli. Cosa ancora molto più interessante è che la sintesi di questo ormone nel cervello maschile raggiunge repentinamente il massimo livello dopo l’attività sessuale. In altri termini, il sesso produce un ormone che rende molto sensibili e che, a sua volta, infonde un atteggiamento pacifico.

Biologicamente, questo spiegherebbe perché le società umane in cui l’espansività fisica è comune e la tolleranza sessuale è alta, siano in genere meno violente delle società che non hanno queste inclinazioni. Può essere che gli individui in queste società abbiano dei livelli di ossitocina più alti. Nessuno ha misurato l’ossitocina nei bonobo, ma scommetterei che ne sono pieni zeppi.

John Lennon e Yoko Ono probabilmente avevano ragione quando misero in scena all’Hilton di Amsterdam un «bed in», un sit in a letto durato una settimana contro la guerra del Vietnam: l’amore porta la pace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *