Dio, i cavalieri erranti, gli uomini e la libertà

chisciotteNon tutti i cavalieri possono essere cortigiani, né tutti i cortigiani possono o debbono essere cavalieri erranti.

Ma noi altri, che siamo veri cavalieri erranti, misuriamo col compasso de’ nostri piedi tutta la terra, esposti al sole, al freddo, al vento, alla inclemenza del cielo, di notte e di giorno, a piedi e a cavallo: né conosciamo già solamente i nemici per descrizione, ma nel loro essere reale: e ci mettiamo contro di loro senz’alcun riguardo a pericolo od a circostanza, e senza perderci in bagattelle, né facendo conto veruno delle leggi regolatrici delle disfide, come a dire: se la lancia ovvero la spada dell’avversario sia troppo lunga, se porti seco reliquie o testimonî, o qualche celato inganno, e se hassi a partire e ridurre a pezzi il sole ovvero no, con altre cerimonie di simil natura che a te son ignote, e ch’io pienamente conosco.

Devi sapere in aggiunta che il buon cavaliere errante, tuttoché trovisi a petto di dieci giganti la cui testa non pure tocchi, ma sormonti le nubi, i quali giganti abbiano in vece di gambe due grandissime torri, colle braccia somiglianti ad alberi di poderose navi, ed ognuno degli occhi loro sia come una gran ruota di mulino, ed arda più che un forno da vetri, non ha da concepirne il menomo ribrezzo: anzi con disinvoltura ed intrepido cuore li deve assalire e combattere, e vincerli e sbaragliarli se fosse possibile in un attimo, benché portassero armature formate di conchiglie di un certo pesce che dicono essere più duro che se fossero di diamanti, e in luogo di spade portassero taglienti coltelli di acciaio damaschino, o mazze ferrate con punte pure di acciaio, come più di due volte m’è avvenuto di vederne.

Vedi umil Sancio, il Creatore tutto fece, ma non tutto fe’ per il meglio; ma l’Altissimo e’, per proprieta’ sua, non fallace e non potea aver creato qualcosa di men che perfettissimo. Per risolvere il garbuglio, onnipotente, decise, di non esistere e di non essere mai esistito. Ed io, o mio umile scudiero, questo lo capitti e stao pe rivelallo al mondo intiero, quando una voce cupa e cavernosa mi fece sobbalzare…

CreatoreChisciotteeeeeeeeee!
D. C.
CreatoreChisciotteeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
D.C.
CreatoreCHISCIOTTE!.
D.C.Si, chi mi chiama?.
CreatorePerche’ non mi hai risposto subito?.
D.C.Perche’ mi chiamo Chisciotte con una sola ‘e’ finale.
Creatore Ma non hai letto il copione? La mia voce e’ “cupa e cavernosa” e la reiterazione della vocale finale del tuo nome rende meglio…
D.C.Una sola ‘e’.
CreatoreLasciamo perdere. Chisciotte, per quanto riguarda la tua teoria…
D.C.Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii…???
CreatoreFatti i cazzi tuoi!.

Vista la sucettibilita’ di un dio inesistente, o buon Sancio, mi dedicai al profetare, leggendo il futuro nelle foglie di cannabis indica. E vidi.

Vidi il destino degli strani e divertenti bipedi che, infestavano il pianeta: gli umani del futuro. Avevano diviso il tempo in sottointervalli uguali, le ore, potendone sacrificare in abbondanza a due feroci divinita’: Lavoro e Produzione.

Gli umani, alle prime ore del mattino, incapsulati in endoscheletri semoventi di metallo e gomma alimentati da un liquido estratto dal sottosuolo con grandi e pompose cerimonie tribali e sacrifici umani (denominati con nomi altisonanti come “Liberta’ duratura” o “Lotta al terrorismo”) si recano nei Templi appositi, detti fabbriche o uffici, dove alcuni possono produrre manufatti, in quantita’ che debbono essere sempre maggiori, altri si occupano di creare un’anima ai manufatti affinche’ in altri lavoratori, detti crudelmente “consumatori”, nasca il bisogno indotto di tali oggetti. E mentre avvelenano il pianeta, il resto degli umani che non partecipa a questo gioco, muore di fame.

Molti tra i consumatori-consumati, anche se i loro rozzi scienziati conoscono gia’ il concetto di entropia, credono che questo sistema chiuso possa magicamente autoalimentarsi invece di implodere rovinosamente; e tornano, a sera, alle loro dimore, in preda ad una strana melanconia, talmente stanchi che faticano persino a parlare ai gatti o all’edera nel cortile.

Per l’allegria
è poco attrezzato
il nostro pianeta.
Bisogna
strappare
la gioia
ai giorni venturi.
In questa vita
non è difficile morire.
Vivere
è di gran lunga
più
difficile.

La libertà, o Sancio, è uno dei doni più preziosi dal cielo concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono agguagliare: e per la libertà, come per la dignitate, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggior male che possa arrivare agli uomini.

Io dico questo, o Sancio, perché tu hai ben veduto co’ tuoi occhi le delizie e l’abbondanza da noi godute nel castello or or lasciato; eppure ti assicuro che in mezzo a que’ sontuosi banchetti e ai calici d’ambrosia colmi, sembravami di essere nello strettoio della fame.

Beato colui cui ha dato il cielo un tozzo di pane senz’altro obbligo fuor quello di essergli grato.

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